Agevolazioni

Piccola mobilità, una lotteria per pochi

di Alessandro Rota Porta


Se è vero che le norme, da sole, non possono creare occupazione, si può però affermare come alcune scelte del legislatore possano compromettere quello che c'è di buono.
I dati sul ricorso da parte dei datori di lavoro alle diverse fattispecie contrattuali, agevolate da strumenti di politica attiva attraverso l'attribuzione di bonus correlati, dimostra proprio come la mancanza di una visione d'insieme di queste misure rischi di creare una spirale negativa su un quadro occupazionale già compromesso dalla crisi economica.
E non si tratta solo di questioni di tecnica legislativa ma altresì dell’”effetto sfiducia” che queste modalità di intervenire sul sistema normativo generano nei datori di lavoro. Veniamo adun caso pratico, che - a distanza di circa due anni - deve ancora trovare una soluzione: gli sgravi connessi al reimpiego dei lavoratori provenienti dalla cosiddetta “piccola mobilità”, ossia quei soggetti che venivano licenziati per giustificato motivo oggettivo da aziende con meno di 15 dipendenti. L’Inps, a seguito della mancata proroga dell'incentivo da parte della legge di stabilità 2013, aveva bloccato le agevolazioni in corsa, anche in capo ai datori che avevano realizzato le assunzioni incentivate quando la misura era ancora vigente.
Un decreto ministeriale dell’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, a parziale ristoro, aveva poi introdotto un bonus spot per un periodo limitato (pari a 190 euro mensili, con stanziamento esiguo): ora, le sorti di quei datori di lavoro sono in mano alla legge di stabilità 2015. Un fondo di 35 milioni di euro dovrebbe sanare l'empasse ma è assai probabile che si tratterà di una lotteria per pochi, con la conseguenza che larga parte dei datori di lavoro resteranno all'asciutto.
Non stupisce, dunque, come situazioni del genere facciano perdere credibilità al sistema e generino confusione.
Facendo un passo indietro, i recenti interventi in materia hanno mancato di coordinamento fra loro. La legge 92/2012 ha rivisitato i criteri di godimento dei bonus ma a queste regole omogenee si aggiungono, altresì, quelle specifiche: il risultato è una selva di parametri che induce quasi a non ricorrere alle agevolazioni per il timore di doverle restituire (con le sanzioni).
Così, il contratto di inserimento - soppresso a fine 2012 - ha lasciato il posto ai nuovi incentivi licenziati dalla riforma Fornero, a partire dal 2013, rivolti alle donne “svantaggiate” e agli over 50, che però hanno paletti molto stringenti.
Nel 2013 ci ha provato il “bonus Letta” (rivolto agli under 30 “svantaggiati”) ma, anche in questo caso, i meccanismi gestionali si sono rivelati troppo complessi.
Per trovare un esempio virtuoso si deve risalire a fine 2012 quando un decreto interministeriale, con principi gestionali chiari e semplici, aveva favorito la stabilizzazione di donne e giovani, stanziando 232 milioni di euro, bruciati in pochi giorni.
Se la volontà è quella di puntare su misure spot, piuttosto che su un taglio trasversale del cuneo fiscale, la ricetta da seguire è quella della facile fruibilità, viceversa si innescheranno altre spirali negative in termini di occupazione.

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