Agevolazioni

Revocabili anche gli aiuti regionali a chi delocalizza la produzione

di Enzo De Fusco

Fondi per i contratti di sviluppo gestiti da Invitalia e Fondi europei di sviluppo regionale: sono due dei principali canali di finanziamento che le aziende rischiano di perdere in caso di delocalizzazione o di riduzione dell’occupazione oltre il 50%, in base a quanto previsto dal decreto estivo sul lavoro (Dl 87/2018, convertito dalla legge 96/2018, articoli 5 e 6).

L’iniziativa non è nuova all’ordinamento: già la legge 147/2013 aveva previsto la perdita di alcune agevolazioni in caso di delocalizzazione e contestuale riduzione del personale di almeno il 50 per cento. Il nuovo quadro normativo si sdoppia:

l’articolo 5 del decreto prevede la restituzione degli aiuti in caso di delocalizzazione dell’iniziativa;

l’articolo 6 fissa le regole di restituzione in caso di riduzione dei livelli occupazionali.

Il comma 1 dell’articolo 5 si occupa della decadenza dagli aiuti di Stato che prevedono come presupposto per la concessione l’effettuazione di investimenti produttivi, se l’attività agevolata, o una sua parte, è delocalizzata in Stati extra europei e fuori dallo Spazio economico europeo, entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa.

È il «contratto di sviluppo» il principale (anche se non esclusivo) strumento di incentivazione destinato alle imprese che intendono realizzare investimenti di grandi dimensioni nel Paese, nei settori industriale, turistico e della tutela ambientale. Lo strumento è gestito da Invitalia, sotto le direttive e il controllo del ministero dello sviluppo economico.

Il comma 2 dell’articolo 5 fissa, invece, i parametri di restituzione di qualunque aiuto di stato concesso per effettuare investimenti mirati allo sviluppo di determinati territori. In questo caso, l’impresa è tenuta alla restituzione se l’attività economica interessata dall’aiuto di Stato, o una sua parte, è delocalizzata dal sito incentivato in favore di una unità produttiva fuori dall’ambito territoriale del sito, in Italia (ad esempio, da una Regione a un’altra), ma anche all’interno dell’Unione europea e degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa. È delocalizzazione anche il trasferimento dell’attività economica a opera di un’altra impresa che sia in rapporto di controllo o collegamento (in base all’articolo 2359 del codice civile) con quella che ha fruito del beneficio.

A livello nazionale esistono già norme che concedono agevolazioni di questa natura, ad esempio, per i territori colpiti da calamità naturali. In queste norme sono già previste ipotesi di revoca dei benefici nel caso di trasferimento all’estero dell’attività di impresa prima che sia trascorso un periodo di tempo determinato dalla data di ultimazione del programma di investimenti (legge 181/1989 e Dm 9 giugno 2015). Queste previsioni dovrebbero ritenersi implicitamente superate dal nuovo quadro normativo delineato con la legge 96/2018.

Sono incluse anche le misure di aiuto attuate dalle Regioni con i fondi di sviluppo regionale che prevedono la concessione di benefici sul presupposto dell’effettuazione di un investimento su specifici territori per il loro sviluppo.

Spetta a ciascuna amministrazione, in ragione dell’aiuto, la definizione dei tempi e delle modalità per il controllo dei nuovi vincoli e per la restituzione dei benefici fruiti in caso di decadenza. La restituzione dei benefici previsti dal comma 1 e 2 è maggiorata degli interessi calcolati secondo il tasso ufficiale di riferimento alla data di fruizione dell’aiuto, aumentato del 5 per cento. In caso di restituzione dei benefici del comma 1, si applica anche la sanzione da due a quattro volte l’importo dell’aiuto. Per i benefici già concessi o per i quali sono stati pubblicati i bandi e per gli investimenti agevolati già avviati prima del 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del Dl 87/2018), si applica la disciplina previgente.

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