Agevolazioni

Imprese in crisi esentate dal Tfr e dal contributo di licenziamento

di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

Le società in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria, già ammesse al trattamento straordinario di integrazione salariale (Cigs) per cessazione di attività negli anni 2019-2020, potranno contare, nel biennio 2020-2021, su un ulteriore aiuto economico.

L'articolo 43-bis del Dl 109/2018 (Dl Genova), nel testo già approvato alla Camera e ora al Senato, prevede infatti un ulteriore sgravio inerente alle quote di trattamento di fine rapporto (Tfr) maturato dai lavoratori sulla retribuzione persa durante la cassa; inoltre, le stesse non saranno tenute al versamento del cosiddetto ticket sui licenziamenti, introdotto dalla legge Fornero per le interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Per il finanziamento delle due misure è previsto un tetto di spesa di 16 milioni per ciascuno dei due anni interessati, a carico del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione. L'esonero dovrà essere autorizzato dall'Inps su cui, inoltre, grava il monitoraggio della spesa. Esaurite le risorse, infatti, i costi graveranno sulle imprese. Prosegue, quindi, da parte dell'esecutivo, il graduale superamento delle norme e, soprattutto, delle logiche del Jobs act.

Per usufruire della facilitazione le società devono essere sottoposte a procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria. Oltre a questo, il lasciapassare è costituito dall'accesso alla Cigs secondo le regole previste dall'articolo 44 del decreto legge. Le due previsioni (quelle contenute negli articoli 43 bis e 44) appaiono, quindi, collegate. In altri termini, per poter ricorrere all'esonero, le società devono aver attivato l'ammortizzatore sociale al termine di un precedente periodo di Cigs per crisi e, inoltre, devono sussistere le condizioni dettate dal DM 95075/2016, cioè l'impresa societaria:

• non ha potuto portare a compimento il previsto piano di risanamento;

• cessa l'attività ma con la prospettiva di una ripresa attraverso la cessione dell'impresa;

• ha stipulato uno specifico accordo in sede ministeriale;

• ha presentato un programma di sospensione dei lavoratori che tiene conto di ciò che si profila all'orizzonte delineando un piano di riassorbimento occupazionale.

La disposizione prevede, testualmente, che le imprese vengano «esonerate dal pagamento delle quote di accantonamento del trattamento di fine rapporto». È possibile che l'estensore della norma volesse riferirsi ai soli trasferimenti di tali quote. È noto, infatti, che le imprese – attenendosi a regole specifiche – possono tenere il Tfr, ovvero versarlo al Fondo di tesoreria Inps (obbligo per le imprese con almeno 50 dipendenti) o conferirlo a un Fondo di previdenza complementare che gestisce la costruzione della seconda pensione dei lavoratori.

Poiché la norma è rivolta a imprese in chiara difficoltà economica, si potrebbe dedurre che il legislatore voglia sollevarle, prima possibile, dall'esborso. Da ciò potrebbe, dunque, scaturirne un'immediata esenzione da tutte le forme di trasferimento del Tfr. Si ritiene che una particolare attenzione dovrà essere rivolta ai flussi verso la previdenza complementare, sia per evitare di creare dei “buchi” che penalizzino il lavoratore (che ha esercitato l'opzione) nel calcolo della pensione integrativa, sia per non comprometterne la gestione che si fonda su logiche di capitalizzazione.

Riguardo alla seconda agevolazione (esenzione dal contributo sulle interruzioni dei rapporti di lavoro) si osserva che si tratta di un aiuto di non poco conto. Lo stesso, infatti, nella sua massima estensione (per lavoratori con 36 mesi di anzianità aziendale) può arrivare sino a 2.940 euro (valore 2018) per ogni dipendente.

Il decreto legge 109/2018

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