Agevolazioni

La crisi d’impresa apre nuovi sbocchi

di Antonello Cherchi, Valeria Uva

Se per i dottori commercialisti si aprono nuove prospettive di lavoro, per gli avvocati la riforma del codice delle crisi d’impresa può, invece, portare un restringimento degli spazi d’azione. I primi potranno,infatti, beneficiare dell’allargamento degli obblighi di revisione anche a società finora escluse, mentre i legati devono convincere il Governo a far marcia indietro sulla mancata previsione della difesa tecnica nei casi di proposta di concordato per i debitori in stato di sovraindebitamento.

Le due categorie una certezza, tuttavia, ce l’hanno: entreranno a far parte del nuovo albo nazionale da cui l’autorità giudiziaria potrà attingere per affidare gli incarichi di curatore, commissario giudiziale o liquidatore. Elenco da cui, invece, sono stati esclusi i consulenti del lavoro, che reclamano il loro diritto a farvi parte.

Posizioni emerse nelle audizioni dei giorni scorsi di fronte alle commissioni Giustizia di Camera e Senato, chiamate a dare, entro venerdì prossimo, il parere alla riforma (il decreto legislativo che ha preso le mosse dalla legge delega 155 del 2017), che poi dovrà ricevere il via libera definitivo dal Consiglio dei ministri.

I commercialisti
Il coinvolgimento della categoria nelle tante nuove procedure è molto ampio: il sindaco unico sarebbe obbligatorio, secondo le stime di Bankitalia, in oltre 180mila aziende, per gli Ocri (organismi di composizione delle crisi di imprese) da attivare ai primi segnali di allerta potrebbero servire dai 180mila ai 210mila esperti, a fronte di 60-70mila imprese colpite dal procedimento di allerta. «I commercialisti potranno assumere anche l’incarico di attestatori» spiega Andrea Foschi, che nel Consiglio nazionale ha la delega per le crisi e il risanamento di impresa - ed entreranno in gioco se l’azienda che ha sviluppato indici di rischio allarmanti decide comunque di non attivare il procedimento presso l’Ocri».  «In questo caso è obbligatoria, appunto, l’attestazione di un professionista indipendente che si farà carico di responsabilità penali e civili». Tutte professionalità da “pescare” dal nuovo Albo di esperti per i ruoli di liquidatore, commissario giudiziale e curatore, cui, secondo l’attuale schema di decreto, possono accedere commercialisti e avvocati.

Dal Consiglio nazionale dei commercialisti è arrivata la preoccupazione per questa massa di incarichi. In audizione quindi il 4 dicembre il Cndcec ha chiesto un’entrata in vigore scaglionata. «Serve più tempo per le imprese sotto i 5 milioni di fatturato » precisa Foschi. Secondo i commercialisti occorrerebbe almeno un anno in più per la nomina dei sindaci e 18 mesi (in aggiunta agli attuali 18 validi per tutti)  per far scattare le nuove procedure di allerta anche per loro.

Gli avvocati
Tralasciando i rilievi di carattere procedurale e soffermandosi su quelli che possono avere una ricaduta sull’attività, il Consiglio nazionale forense chiede al Governo di eliminare dalla norma sul concordato relativo alle imprese in stato di sovraindebitamento il divieto di farsi assistere da un difensore. «Va considerato - sottolinea Carlo Orlando, consigliere del Cnf - che quelle procedure si concludono di solito con un procedimento giurisdizionale, per cui non si può escludere la difesa tecnica. Eppoi, la legge delega non dice nulla al riguardo». Altro aspetto delicato è l’istituzione degli Ocri. «Sono - aggiunge Orlando - nuovi contenitori che dovranno garantire la massima riservatezza. La commissione Rordorf, che ha lavorato alla riforma, aveva previsto che le procedure di allerta venissero trattate dalle attuali camere di compensazione, che funzionano bene».

I consulenti del lavoro
L’esclusione dall’albo dei curatori e commissari giudiziali non va giù ai consulenti del lavoro. «Tra i principi della legge delega - afferma Sergio Giorgini, vicepresidente del Consiglio nazionale della categoria - c’è la tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori delle imprese in crisi. Il consulente del lavoro ha le competenze per intervenire. Dunque, abbiamo i titoli per stare nell’albo. Il decreto, invece, si rifà a requisiti fissati nel 1946. Ma a quell’epoca non c’era alcuna normativa sulla tutela dei diritti dei lavoratori».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©