Agevolazioni

Europrogettisti, il business di bandi e «call»

di Flavia Landolfi

C’è chi la definisce la professione del futuro; chi ne fa un’attività collaterale da coniugare con la consulenza alle imprese vera e propria; chi al contrario ha puntato sulla specializzazione costruendo studi dedicati. Fatto sta che quello dell’europrogettazione è un “mestiere” completamente deregolamentato. Una giungla, direbbero alcuni. Non c’è un albo e non c’è nemmeno un percorso professionale ben definito. Men che meno un corso di laurea ad hoc, com’è logico che sia in assenza di requisiti.

Eppure è una professione che “tira”. Il motivo è schiacciante e fa scopa con la mole di risorse messa in pista dalla programmazione comunitaria: tra fondi diretti e fondi strutturali c’è un tesoro per le imprese e da qualche anno anche per i professionisti da andare a conquistare. E qui entrano in scena i consulenti dell’europrogettazione: monitorano call e bandi sia regionali che nazionali, presentano le domande di finanziamento (project designer) e a risorse ottenute controllano l’andamento del progetto (project manager).

La formazione

Europrogettista fai-da-te. Non ci sono requisiti di legge per svolgere l’attività e tutto è demandato all’iniziativa personale e al mercato. «L’approdo all’attività di europrogettazione è spesso il punto di arrivo di percorsi professionali tra i più diversi, che proprio in questa eterogeneità trova il proprio punto di forza - spiega Silvana Mura, componente del Consiglio direttivo di Assoepi (Associazione europrogettisti italiani) -. Per diventare europrogettista non è necessario essere laureati. Esistono, però, diversi master e corsi di formazione in europrogettazione che forniscono le conoscenze di base per intraprendere la professione».

Le fa eco Valentina Vitale, membro del consiglio di Assoeuro (Associazione italiana europrogettisti): «Il mercato è saturo di piccoli corsi e master privati che ti danno un’infarinatura, ma a mio avviso la cosa migliore è sporcarsi le mani, imparando direttamente sul campo». In quanto al primo ingresso nel mercato la strada non è tutta rosa e fiori. «È molto difficile entrare, per questo il mio impegno nell’associazione è dedicato ai giovani, per aiutarli e sostenerli in un percorso meraviglioso ma non semplice».

Le competenze

Che la legge non prescriva un iter obbligatorio non significa che questa attività sia affrontabile a mani nude. «È indispensabile un’ottima padronanza della lingua inglese, una buona conoscenza del funzionamento delle istituzioni europee, delle tecniche di europrogettazione e dei principi di project management - prosegue Mura - Molto utile è anche un’esperienza all’estero, meglio se a Bruxelles, per conoscere in modo più approfondito le modalità di gestione dei fondi e delle istituzioni europee». E sul fronte delle capacità personali «bisogna essere innovativi - aggiunge Vitale - ma anche costantemente aggiornati. Quindi, si è destinati a studiare sempre e tanto, oltreché avere una propensione a lavorare in team e a dialogare con le istituzioni».

Il progetto dei commercialisti

È del Cndcec (Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili) l’idea di traghettare i commercialisti all’interno degli enti pubblici per i controlli di primo livello e per la rendicontazione della programmazione. «Il progetto - spiega Marcella Galvani, consigliera nazionale con delega alle politiche europee - prevede innanzitutto di costruire uno standard di controlli uguale in tutte le regioni in modo da uniformare le procedure che oggi sono a macchia di leopardo».

Dopodiché si entrerà nel vivo delle attività con l’avvio di «un registro nazionale di esperti già formati su questa materia e che siano tutti assicurati, in modo da sollevare gli enti pubblici da eventuali errori». Ma perché i commercialisti? «Si tratta di attività tipiche di questi professionisti - aggiunge Galvani - per la loro esperienza nella revisione dei conti: in ogni caso il progetto prevede corsi di formazione ad hoc prima nel controllo di primo livello e in un secondo momento nell’europrogettazione». Il beneficio, secondo il Cndcec, sarebbe duplice: «Perché da un lato - aggiunge Galvani - si creano spazi di lavoro e occasioni professionali e dall’altro si persegue un interesse pubblico con un beneficio per lo Stato». Il progetto è già stato presentato a livello ministeriale «e sarà lanciato - annuncia Galvani - nella prossima programmazione europea, quella che sarà inaugurata nel 2021 con il nuovo settennato di programmazione».

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