Agevolazioni

Aiuti 4.0 cedibili alle banche e bonus sulla produttività

di Carmine Fotina

Prime idee, prime cifre, prime simulazioni. Il capitolo imprese-industria-innovazione del piano italiano per impiegare i 209 miliardi del Recovery Fund inizia a prendere forma. C'è la proroga e la revisione di Transizione 4.0, c'è il “premio” di produttività, ci sono le strategie per le aggregazioni tra aziende e la formazione specializzata, le borse di post dottorato in azienda, le risorse per l'imprenditoria femminile. Il lavoro del ministero dello Sviluppo (Mise) in collaborazione con altri dicasteri, dal ministero dell'Economia al ministero dell'Istruzione a quello della Ricerca e Innovazione, dovrà ora approdare a una selezione finale da sottoporre alla presidenza del Consiglio.

Decine di idee producono potenziali costi per decine di miliardi, forse troppo nel computo del budget da riservare agli altri capitoli del piano. È un primo aspetto critico da risolvere, ma non l’unico. Perché serve un lavoro di fino, con tanto di bozze normative, cronoprogramma di interventi e stime di risultati, per far decollare dichiarazioni su ricette astratte come detassazione degli utili, aiuti al rimpatrio delle produzioni, trasformazione di finanziamenti in fondo perduto.

Qualcosa, però, come detto, già è sul tavolo. Per Transizione 4.0, il nuovo nome del piano Impresa 4.0, oltre alla proroga (l'obiettivo è il quinquennio) si studia un rafforzamento delle attuali aliquote agevolate per investimenti delle aziende mirati allo sviluppo dello smart working, al commercio elettronico e all'economia circolare e per quelli destinati ai software collegati alla digitalizzazione. C’è poi da rimettere mano al capitolo dei Competence center 4.0, trascurato negli ultimi due anni, e si potrebbero rifinanziare gli otto già istituiti oltre a supportare la nascita di due o tre strutture nuove. Se gli obiettivi tematici sembrano chiari, c’è ancora da trovare un'intesa sulla formula dell’agevolazione fiscale. I tecnici del ministero dello Sviluppo, che nell’ultima legge di bilancio hanno curato la trasformazione dell’iperammortamento e del superammortamento in un credito di imposta, non vorrebbero disconoscere il lavoro fatto e tornare al vecchio schema, sostenuto invece dal ministero dell’Innovazione (per una extra-deduzione al 200%) e ora considerato come opzione anche dalle parti del ministero dell’Economia. Non solo, al Mise l’obiettivo sarebbe quello di imitare quanto già fatto per il superbonus per i lavori edili lanciato dal ministro Patuanelli e consentire la cessione del credito d’imposta in banca per ottenere immediata liquidità, uno strumento utile soprattutto alle imprese più piccole.

Al di là del piano Transizione 4.0, si valuta come premiare gli aumenti di produttività e l’incremento di investimenti. Patuanelli ha parlato di detassazione degli utili che restano in azienda. Tra le ipotesi ci sarebbe quella di usare ancora una volta il credito di imposta la cui entità potrebbe essere pari a una quota del maggior gettito Ires o Irap generato dalla crescita del valore aggiunto. Anche legando il tutto a obiettivi di salvaguardia occupazionale.

Il doppio intervento – Transizione 4.0 e produttività aziendale – potrebbe da solo richiedere risorse tra 9 e 12 miliardi annui, rappresentando la fetta più ampia del capitolo imprese. Ma si ragiona anche su 300-400 milioni per sostenere l'imprenditoria femminile, sul potenziamento dei contratti di rete per favorire aggregazioni aziendali anche attraverso partnership pubblico-privato, sui voucher per consulenze in tema di economia circolare “gemelli” a quelli già esistenti per l’innovazione tecnologica, sulla formazione specializzata rafforzando gli Istituti tecnici superiori ed eventualmente finanziando iniziative private per corsi in linea con le priorità europee della digitalizzazione e della transizione energetica “verde”.

Tutte tracce del piano italiano per il Recovery Fund. Tra poco per Palazzo Chigi verrà la parte più difficile: selezionare gli interventi davvero innovativi.

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