Agevolazioni

Nel nuovo Dl Ristori 5 miliardi alla Cig e 1 agli enti locali

Ci sono anche cinque miliardi di rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e un miliardo circa per un nuovo aiuto agli enti locali a gonfiare il prossimo decreto ristori. Un provvedimento che viaggia spedito verso i 30 miliardi in termini di consistenza complessiva; ma che per arrivare in porto deve provare a farsi largo fra le incognite della crisi politica.

Quello che nelle intenzioni del governo nasceva come il decreto «finale» nella lunga serie dei ristori sta evolvendo in fretta verso l’ennesimo omnibus anticrisi mentre l’epidemia, con le sue ricadute sull’attività economica, non accenna a rallentare. Anche per questo lo scostamento che il governo ha intenzione di chiedere al Parlamento, su cui anche Italia Viva ha già annunciato il proprio via libera, è cresciuto per ora fino a 24-25 miliardi . Ma nella partita può rientrare anche il fondo da 5,3 miliardi che il quarto decreto Ristori ha costruito per quest’anno, destinato però a essere alimentato dalle entrate fiscali e contributive sospese fino ad aprile. Le dimensioni, insomma, sono ancora una volta quelle di una manovra, che avrà bisogno di un accordo politico più complessivo al di là del «sì» corale (nella maggioranza, per ora) al nuovo deficit. Lo scostamento non è comunque nell’agenda del Consiglio dei ministri annunciato per questa sera.

Gli aiuti all’economia ovviamente costituiscono il cuore del nuovo decreto in costruzione, che ha anche l’ambizioso compito di porre rimedio ai due limiti principali del meccanismo dei ristori costruito in tutta fretta a fine anno: l’ancoraggio alle perdite di aprile e l’esclusione di quei soggetti che non sono stati colpiti direttamente dalle chiusure e dalle limitazioni di orario, ma che hanno visto crollare il proprio fatturato perché collegati alle stesse filiere (per esempio i fornitori di bar, ristoranti o di esercizi commerciali fermati nelle aree a colori).

L’idea alla base della «perequazione» è quella di allargare a una base almeno semestrale il parametro di calcolo della perdita di fatturato su cui calibrare gli assegni statali, oltre ad estendere il più possibile la platea superando gli elenchi dei codici Ateco. Il tutto, appunto, nei limiti di quanto possibile con il nuovo finanziamento in deficit, che fra le altre cose dovrà provvedere anche ai ristori per il turismo invernale, i quali secondo i primi calcoli del ministero dell’Economia hanno bisogno di almeno due miliardi. Ma sono i numeri dei contagi e i parametri rivisti per colorare le regioni a moltiplicare la probabilità di nuove chiusure e limitazioni alle attività economiche, alimentando l’esigenza di sostegni e rinviando l’appuntamento con la chiusura dei ristori.

Ancora una volta promette di essere ricco anche il capitolo fiscale. Sul tavolo ci sono le ipotesi di rottamazioni e saldi e stralci rilanciate in questi giorni dalla viceministra all’Economia Laura Castelli (M5S). Ma come ribadito anche ieri dal direttore dell’agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini nell’audizione parlamentare sulla riforma fiscale, le definizioni agevolate presuppongono l’invio dei 50 milioni di atti sospesi nel 2020. Stop che ha fatto crollare del 31,6% le entrate da accertamento fra gennaio e novembre dell’anno scorso rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre il complesso delle entrate fiscali è calato del 2,8% (ma nel 2019 l’autoliquidazione era slittata a dicembre).

Proprio la ripartenza delle cartelle è il problema principale, sia per le sue ricadute sociali sia per il carico di gestione sugli uffici dell’amministrazione finanziaria: e per questa ragione al Mef si studiano le ipotesi tecniche per allungare i tempi, che potrebbero però passare anche da una revisione dei termini di decadenza. Tema complicato, al punto che non è escluso un provvedimento a parte per il fisco, che complicherebbe però l’ingorgo normativo già parecchio fitto.

Poi ci sono appunto gli ammortizzatori sociali, un gruppo di norme sulla sanità che potrebbe valere intorno ai 3 miliardi metà dei quali destinati agli acquisti dei vaccini anti-Covid. Intorno al miliardo potrebbe essere destinato agli enti locali, per i quali è quasi certo anche il rinvio al 31 marzo dei termini per l’approvazione di bilanci preventivi e delibere sui tributi. Perché la nebbia sui conti è ancora troppo fitta, e la richiesta di proroga non dovrebbe trovare ostacoli alla Conferenza Stato-Città di dopodomani.

In termini ufficiali il nuovo scostamento porterebbe il deficit 2021 all’8,5%. Ma è un numero teorico perché anche a Via XX Settembre cresce la consapevolezza che il 2020 si è chiuso con un disavanzo probabilmente superiore al 9% calcolato in autunno, e soprattutto che quest’anno rischia decisamente di fermarsi assai sotto alle ambizioni governative che nell’ultimo programma di finanza pubblica avevano fissato l’obiettivo di crescita al 6%. Ipotizzando un Pil 2021 al +3,5% come quello prodotto dall’ultimo calcolo Istat, per esempio, il disavanzo salirebbe nei dintorni del 10,5% (compreso il prossimo scostamento), al netto di altri interventi di sostegno all’economia dopo il Ristori-5: ipotesi, quest’ultima, quantomeno azzardata.

Secondo i programmi ministeriali i nuovi numeri dell’economia avrebbero dovuto trovare spazio in queste settimane in un inconsueto aggiornamento al quadro di finanza pubblica, proprio per il rapido invecchiamento subito da quello disegnato nella Nota di aggiornamento al Def. Ma è probabile che l’appuntamento con le nuove cifre slitti di qualche settimana, al netto delle incognite sulla tenuta del governo, anche per capire meglio l’evoluzione di una pandemia che al momento solleva più incognite che certezze.

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