Agevolazioni

Aiuti agli autonomi verso la ripartenza dopo il 2020 «spot»

di Dario Aquaro, Cristiano Dell’Oste e Gabriele Ferlito

Cinque decreti legge, 15 profili di lavoratori, sette mensilità su dieci coperte dagli indennizzi – tra marzo e dicembre – ma con un quadro tutt’altro che omogeneo. L’impianto degli aiuti 2020 a professionisti e autonomi è un patchwork cucito di mese in mese sempre sul filo dell’emergenza. Tagliato di qua e di là in termini di beneficiari, requisiti, importi e procedure d’accesso.

I 32 miliardi di scostamento di bilancio, decisi poche settimane fa per alimentare l’ipotetico decreto “Ristori 5”, con ogni probabilità continueranno a contemplare anche gli aiuti a professionisti e autonomi, come nelle intenzioni del Governo Conte-bis. Ma in una direzione ancora da tutta vedere, che sarà il nuovo Esecutivo a dover indicare.

La ripartenza degli aiuti avrà l’imprinting di Mario Draghi, che già l’anno scorso aveva sollecitato il sostegno immediato alla liquidità su vasta scala, esortando a mobilitare in ogni modo l’intero sistema finanziario, per proteggere i cittadini e l’economia «contro scossoni di cui il settore privato non ha nessuna colpa, e che non è in grado di assorbire».

D’altra parte, con il passare dei mesi è diventato sempre più chiaro che la strategia degli aiuti a fondo perduto serve a far fronte allo shock iniziale, ma non basta a garantire né il sostentamento, né il rilancio delle attività economiche nel medio periodo. Ad esempio, un venditore a domicilio nel 2020 può aver ricevuto al massimo 4.800 euro spalmati su sei mensilità tra marzo e dicembre. Mentre un libero professionista iscritto alla gestione separata Inps si è fermato a 2.200 euro in tre mensilità (si veda il grafico in basso). Cifre non trascurabili – soprattutto se si va a vedere l’impatto per le casse pubbliche – ma che agli occhi di molti lavoratori sono sembrate poco più di una mancia. Ad esempio, solo nei primi due mesi dell’emergenza (marzo e aprile) l’impegno di spesa totale per il sostegno agli autonomi è stato di 5,2 miliardi, come spiega l’Ufficio parlamentare di bilancio. Ma distribuito su una platea di 4,25 milioni di richiedenti si è tradotto in 1.226 euro pro capite.

Tutto ciò con requisiti d’accesso che spesso hanno prestato il fianco alle critiche di chi è rimasto escluso. I limiti di questo meccanismo sono stati indirettamente evidenziati anche nelle discussioni sull’ipotetico decreto “Ristori 5”: il vecchio Governo, infatti, stava pensando a un nuovo sistema di indennizzi basato sulle effettive perdite di fatturato per l’intero 2020. Andando oltre, così, alle misure spot erogate l’anno scorso.

Mentre altri Paesi europei come Germania e Spagna hanno già programmato l’estensione degli aiuti per i prossimi mesi (si vedano gli articoli a lato), uno dei punti su si cui misurerà la bontà dei nuovi interventi italiani sarà la capacità di selezionare con efficacia i destinatari, oltre alle cifre in gioco. Tenendo conto dell’inevitabile evoluzione dei quadro economico: rispetto all’inizio della pandemia, c’è chi sta tenendo duro e chi ha cessato l’attività (magari per tentarne un’altra). E c’è anche chi ha aperto una nuova partita Iva, spesso lasciando un impiego dipendente ormai al capolinea. Solo nel primo semestre 2020 – con tre mesi di lockdown duro – il lavoro indipendente (professionisti e no) ha perso circa 140mila unità: andando così ad aggiungere un 20% alle 735mila posizioni perse nel decennio 2009-19, secondo l’ultimo rapporto di Confprofessioni. Ma tra luglio e settembre 2020 – rileva il dipartimento Finanze – sono state attivate 104.900 nuove posizioni Iva: il 3% in più su base annua, con un balzo del 10% rispetto al trimestre precedente.

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