Agevolazioni

Ultimi giorni per passare al forfettario

di Ernesto Gatto e Giorgio Gavelli

Per autonomi e professionisti il calo di reddito che la pandemia potrebbe aver generato quest’anno è anche l’occasione per riorganizzare il proprio regime fiscale e contabile. Molti oggi potrebbero trovarsi nel guado di un passaggio da un regime contabile superiore (ad esempio, quello semplificato) ad uno inferiore (forfettario), con conseguenze su vari fronti.

Il forfettario è un regime conveniente per tre motivi: l’aliquota dell’imposta sostitutiva è più bassa di quella ordinaria (15% che scende al 5% per le nuove attività); chi lo sceglie non deve dimostrare i costi sostenuti perché la legge li assegna automaticamente, ai professionisti nella misura del 22% degli incassi;  più snello anche il carico degli adempimenti amministrativi.

Cosa può accadere al professionista che vuole passare dal regime semplificato al forfettario? Il forfettario e il semplificato sono considerati dalle Entrate regimi naturali (circolare 10/E/2016) anche se, per i professionisti, questa conclusione parrebbe essere messa in dubbio dalla risposta ad interpello n. 107/2019, che, a nostro avviso, rappresenta più una svista interpretativa che un concreto ostacolo.

Il regime semplificato...
A differenza di quanto avviene per le imprese, i professionisti non hanno soglie di incassi che li costringono ad adottare un determinato impianto contabile; ecco perché  in stragrande maggioranza scelgono il regime semplificato al posto dell’ordinario per le scritture contabili (registri Iva integrati con i documenti non Iva e con le date di incasso e di pagamento) anche in presenza di elevati volumi. Esiste però una sparuta frangia che opta per la contabilità ordinaria per due motivi: difendersi meglio in caso di verifica e operare un più efficace controllo interno di gestione.

...e quello forfettario
Chi nel 2020, magari per effetto dell’emergenza sanitaria, si è trovato per la prima volta con incassi non superiori a 65mila euro (per gli altri requisiti si veda la scheda in alto), da quest’anno potrà adottare il regime forfettario. Una scelta che, preferibilmente, va fatta già dai primi giorni del nuovo anno in modo da evitare errori sull’applicazione dell’Iva e della ritenuta. Ma che in ogni caso diventa “vincolante” il 16 febbraio, in linea con la scadenza della liquidazione Iva mensile, passaggio normalmente da saltare per i forfettari.

Il contribuente forfettario non è sostituto d’imposta, quindi non subisce né trattiene le ritenute previste per le prestazioni di lavoro autonomo, e quindi incassa i compensi senza ritenuta; qualora per errore ciò dovesse avvenire, egli non perderà nulla ma indicherà le ritenute al rigo RS40 del modello redditi PF e successivamente, ai fini dello scomputo, nel rigo LM41 ovvero nel rigo RN33, colonna 4 ove tale importo potrà essere scomputato dall’ Irpef dovuta sugli eventuali altri redditi a tassazione ordinaria. Per ciò che riguarda l’Iva, il forfettario emette fattura “fuori campo” (articolo 1, comma 54-89 legge 190/2014): quindi se ha iniziato il 2021 emettendo fatture con Iva, potrà annullarle con nota di credito elettronica (peraltro sempre entro il 16 febbraio data di liquidazione Iva), restituendo l’imposta al cliente se già incassata e riemetterà in formato cartaceo le fatture fuori campo Iva.

L’aliquota ridotta del 5% si applica alle attività avviate da meno di 5 anni in presenza dei seguenti ulteriori requisiti:
a) non aver esercitato alcuna attività, né in forma personale che associata, nei tre anni precedenti;
b) la nuova attività non costituisce mera prosecuzione di altra attività svolta in precedenza;
c) se si prosegue l’attività già svolta da altro soggetto, gli incassi dell’anno precedente non devono superare 65mila euro.

I professionisti già in attività da meno di cinque anni che diventano forfettari nel 2021 possono applicare il 5% per gli anni mancanti al compimento del quinquennio (interpello n. 72/2018).

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