Agevolazioni

Assegno unico, chi rischia i tagli: figli over 21, conviventi e patrimoni alti

di Michela Finizio

Entra nel vivo la definizione dell’assegno unico per i figli under 21 previsto dal Ddl delega approvato la settimana scorsa all’unanimità dalla commissione Lavoro del Senato. Manca solo l’ok dell’Aula (la Camerà già si era espressa a favore) e poi si può procedere con i decreti attuativi. Bisognerà definire fasce e importi del contributo che andrà a sostituire, per più di 11 milioni di famiglie con figli, le misure in vigore, in particolare detrazioni fiscali e assegni al nucleo familiare (Anf) per i dipendenti, che insieme valgono circa 14 miliardi.

Gli uffici tecnici sono al lavoro per definire la nuova misura nei limiti imposti dalle risorse disponibili. Ma i tempi sono stretti per partire a luglio ed è necessario simulare nel dettaglio l’impatto della riforma sui conti delle famiglie. Una delle prime proiezioni, resa pubblica da Istat il 20 ottobre scorso in audizione alla commissione Affari sociali, quantifica già la presenza di alcuni rischi.

Istat: riforma «negativa» per il 29,7% dei nuclei
Lo scenario simulato da Istat, grazie ai dati dell’indagine campionaria sui redditi delle famiglie, prevede una quota base dell’assegno fissa a 40 euro mensili e una variabile “per scaglioni” Isee (si va dai 200 euro mensili con Isee sotto i 13mila euro ai 40 euro oltre i 75 mila); l’importo è maggiorato del 20% dal terzo figlio in poi, dimezzato dai 18 ai 21 anni.

La riforma così ipotizzata da Istat determinerebbe un incremento di reddito per il 68% delle famiglie con figli rispetto a quanto percepito oggi. Tra queste soprattutto le famiglie con reddito da lavoro autonomo (2,4 milioni di nuclei), oggi non raggiunte dagli Anf, e quelle con i redditi più bassi che per incapienza non fruiscono delle detrazioni fiscali. Per il 2,4% dei genitori, invece, la situazione non cambierebbe, mentre per il restante 29,7% il saldo tra l’introduzione della nuova misura e l’abolizione di quelle attuali risulterebbe negativo (più nel dettaglio, per il 20% tra i redditi più bassi, per il 37,6% tra quelli più alti). In particolare, ciò sarebbe dovuto all’abrogazione delle attuali politiche, ai vincoli legati all’Isee familiare, alla ridefinizione, in senso restrittivo, dell’età per essere considerati figli a carico, alla riduzione dell’assegno con riferimento ai figli successivi al secondo. «La previsione di una clausola di salvaguardia garantirebbe a tali famiglie un riposizionamento in condizioni di parità», ha detto in audizione il presidente dell’istituto, Gian Carlo Blangiardo. In quest’ottica in commissione Lavoro del Senato è stato approvato un ordine del giorno con cui il Governo si impegna a introdurla nei decreti attuativi. E la ministra per la famiglia Elena Bonetti ha già fatto sapere che lavorerà in questa direzione.

I profili critici con il passaggio all’assegno
Da monitorare sono in particolare gli effetti su alcune tipologie di nuclei familiari. Innanzitutto quelli con figli over 21 a carico dei genitori: anche se sono stati annunciati nuovi aiuti diretti ai giovani, per favorirne l’autonomia, queste famiglie di fatto potrebbero perdere i benefici delle detrazioni fiscali, salvo previsioni esplicite in senso contrario. Ed eventuali deroghe, comunque, andrebbero a ridurre le risorse a disposizione per l’assegno unico. Forte potrebbe essere anche la riduzione dell’assegno tra i 18 e 21 anni, nel periodo in cui le famiglie sostengono un maggior onere. Bisognerà poi capire che destino avranno gli Anf oggi rivolti ai pensionati, così come la quota a carico dei datori di lavoro per finanziarli.

Ad esprimere preoccupazione è stata anche l’Associazione delle famiglie numerose, dalle cui analisi emerge un rischio di penalizzazione con il nuovo regime a causa della scala di equivalenza dell’Isee che, ad esempio, al quarto figlio attribuisce un valore pari a 0,35 e scende progressivamente.

Ci sono poi le coppie conviventi, non coniugate e non riconosciute da unione civile, che per il calcolo degli Anf (istituito nella sua attuale versione nel 1988) possono computare il solo reddito del richiedente, previa rinuncia dell’altro genitore. Con il passaggio all’Isee verrebbe considerato l’intero reddito familiare, inclusi i patrimoni mobiliari e immobiliari.

Ed è proprio sull’incidenza di quest’ultimo, infine, che dovranno essere affinate le simulazioni perché - come si è visto con il reddito di cittadinanza - l’indicatore tiene conto di diversi “elementi di ricchezza” che attualmente non vengono considerati dalle misure esistenti.

Le prime simulazioni sull’assegno unico

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