Agevolazioni

Distacchi internazionali, corsa a ostacoli per il bonus impatriati

di Alessandro Germani

Nell’ambito dell’agevolazione per gli impatriati (articolo 16 del Dlgs 147/15) una tematica spinosa riguarda i distacchi internazionali, pratica frequente nelle multinazionali. Ci si domanda se, ricorrendone le condizioni, il lavoratore che torna a essere residente in Italia possa beneficiare dell’agevolazione.

Nella circolare 17/2017 la posizione è stata di chiusura sulla base del fatto che il rientro si porrebbe in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisferebbe la finalità attrattiva della norma. Senonché poi l’Agenzia è tornata sui propri passi e nella risoluzione 76/2018 si è evidenziato che il lavoratore che rientra dal distacco ha diritto all’agevolazione quando: il distacco sia più volte prorogato e la sua durata determini un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero; il rientro del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, assumendo al rientro un ruolo differente.

Il secondo aspetto è stato valorizzato anche nella risposta 492/2019, mentre la risposta 510/2019 ha negato la possibilità di avvalersi dell’agevolazione in quanto il rientro dal distacco non si poneva in discontinuità rispetto alla precedente posizione.

A questo quadro si è aggiunta la circolare 33/2020 che sembra richiedere che, al di là del fatto che il lavoratore assuma un ruolo aziendale differente, vi sia la sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso da quello in essere in Italia ante distacco. Secondo le Entrate vi dovrebbe essere una situazione di discontinuità. Si presuppone che invece vi sia sostanziale continuità in presenza di: riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale; riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione; assenza del periodo di prova; clausole volte a non liquidare ratei e Tfr; clausole per cui post distacco il lavoratore rientri nell’organizzazione della distaccante.

Su questa falsariga la risposta 42/2021 richiama gli «indicatori di continuità» della circolare 33/E in presenza dei quali l’agevolazione non spetterebbe, dichiarando che di fatto questi elementi non sarebbero riscontrabili in sede di interpello. Il che non contribuisce a dare la certezza necessaria. Da ultimo, con la recente risposta 136 le Entrate hanno riconosciuto gli elementi a favore del lavoratore, fondati sulle proroghe del distacco e sull’assunzione di un ruolo in Italia che testimonia un avanzamento di carriera e di responsabilità. Salvo comunque richiamare il test sugli indicatori della circolare 33/E.

Ora non c’è dubbio che le situazioni vadano viste caso per caso per evitare un utilizzo distorto della norma agevolativa. Ma è pur vero che nella pratica delle multinazionali in caso di distacco il contratto di lavoro sottostante resta sempre in essere. Per una serie di motivi anche di mera praticità non si assiste mai alla stipula di contratti ex novo al rientro. Pertanto se si rinvengono gli elementi a favore individuati dalla risoluzione 76/2018, l’approccio sostanzialistico dovrebbe prevalere. Pretendere poi l’assenza degli elementi sintomatici di continuità, che nella pratica sono presenti perché non si fanno mai nuovi contratti, rischia di negare l’agevolazione anche quando la sostanza direbbe che se ne ha diritto.

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