Contenzioso

La prescrizione dei contributi previdenziali dovuti alle Casse Professionali

di Silvano Imbriaci

Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense – Obbligo contributivo – Prescrizione – Regime applicabile (art. 18, l. n. 6/1981 e art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335/1995) - Termine quinquennale

La legge n. 335/1995 che regola l'intera materia della prescrizione dei contributi previdenziali prevede un termine ordinario di cinque anni per i contributi dei lavoratori dipendenti, dei liberi professionisti e per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria. Tale regime sostituisce tutte le previgenti discipline differenziate, che dunque devono ritenersi, sul punto, abrogate.

Con la sentenza n. 18953 del 9 settembre 2014 la Cassazione lavoro ribadisce i principi espressi dalla sua ultima giurisprudenza in materia di prescrizione degli obblighi contributivi dei professionisti nei confronti delle rispettive Casse Professionali (cfr. Cass. 26 novembre 2013, n. 26411, Cass., 2 dicembre 2013, n. 26962 e Cass., 20 febbraio 2014, n. 4050), nelle ipotesi temporalmente non interessate dall'avvento della nuova Legge Professionale (l. 31 dicembre 2012, n. 247) che espressamente, all'art. 66, dispone l'inapplicabilità della disciplina della prescrizione contenuta nella legge n. 335/1995 alla contribuzione dovuta alla Cassa Forense. Le questioni affrontate dalla pronuncia riguardano essenzialmente due profili: l'individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione e le modalità di applicazione dell'abbreviazione dei termini prescrizionali introdotta dalla legge n. 335/1995 (art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335/1995).
Con riferimento al primo punto, sulla base di giurisprudenza ormai consolidata (cfr. Cass. n. 9113/2007), si afferma che ove la dichiarazione di cui agli artt. 19 e 23 della legge n. 576/1980 (il c.d. mod. 5 – di comunicazione del volume di affari) risulti del tutto omessa, o comunque sia priva dei dati essenziali ai fini del suo riconoscimento come tale, si realizza un effetto sospensivo ex lege del termine di prescrizione, in quanto la Cassa non può in nessun modo attivarsi, non essendo possibile neanche porre in essere le minime e iniziali attività di verifica e di controllo della posizione reddituale dell'iscritto. Nel caso in cui, invece la dichiarazione risulti infedele o non conforme al vero, la Cassa, per la verifica dei dati comunicati dal professionista, può comunque giovarsi della conoscenza degli imponibili come acquisita direttamente dal Fisco, con la conseguenza che il termine iniziale della prescrizione è da ricondursi alla data della comunicazione – e non comunque dal diverso momento in cui la Cassa acquisisce i dati relativi al maggior reddito (non dichiarato). La Cassazione, sul punto ha chiaramente affermato che lo spostamento in avanti del dies a quo alla data in cui la Cassa riceve dall'amministrazione finanziaria i dati reddituali e del volume di affari effettivi introdurrebbe nell'ordinamento una pericolosa incertezza ed un indubbio margine di arbitrio sui tempi dei controlli (in questi termini Cass. n. 4107/2012).
Quanto agli effetti dell'introduzione del nuovo regime prescrizionale ex art. 3 l. n. 335/1995 (che di fatto ha abbreviato a 5 anni il previgente termine decennale fissato dalla normativa di settore), la Cassazione ne riafferma la natura sostanzialmente abrogativa delle disposizioni precedenti. I principi esposti nella legge del 1995 hanno carattere generale e la loro applicazione non è limitata agli enti previdenziali istituzionali o pubblici, essendo estesa a tutte le forme di previdenza obbligatoria (cfr. ex multis Cass. n. 5522/2003), dunque anche quella degli enti privatizzati. Con riferimento al problema dell'entrata in vigore del nuovo regime, per la contribuzione dovuta alle gestioni diverse da quelle pensionistiche questa è fissata al 17 agosto 1995, mentre per le gestioni pensionistiche è differita al 1 gennaio 1996, con la possibilità per gli enti di interrompere la prescrizione nel frattempo ed evitare il regime quinquennale. Si tratta di una disciplina a carattere speciale che di fatto, secondo la Cassazione, supera e non consente l'applicazione della disciplina contenuta nell'art. 252 disp. att. c.c. (che prevede un regime assai più mitigato: applicazione diretta del nuovo termine prescrizionale diretta più breve, salva l'ipotesi, al momento dell'entrata in vigore della nuova normativa, di un residuo termine inferiore rispetto al nuovo termine introdotto, circostanza questa che consente di applicare il vecchio termine fino alla sua scadenza naturale).

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