Contenzioso

I nodi aperti della negoziazione assistita

di Stefania Radoccia e Matteo Tamborini

La negoziazione assistita dagli avvocati sui diritti dei lavoratori introdotta dal Dl 132/2014, ha ben poco a che vedere sia con le varie procedure conciliative-arbitrali (in base agli articoli 410, 412 e 412-ter e 412-quater del Codice di procedura civile), sia con la mediazione in base al Dlgs 28/2010. A differenza di queste ultime, infatti, nella negoziazione assistita non è previsto l'intervento di parti terze, come le commissioni di conciliazione, i collegi arbitrali o, ancora, i mediatori.

La negoziazione ha come protagonisti gli avvocati, ai quali è affidato il compito (già quotidianamente assolto, a dire il vero) di contribuire alla definizione stragiudiziale delle vertenze che hanno per oggetto i «diritti disponibili». Proprio per rendere appetibile l'uso di questo nuovo strumento deflattivo, il legislatore ha modificato l'articolo 2113 del Codice civile, rendendo inoppugnabili le rinunce e le transazioni raggiunte anche per mezzo della negoziazione assistita. Questo intervento normativo, salutato da alcuni commentatori come una rivoluzione copernicana, di fatto elimina il passaggio procedurale che fino ad oggi costringeva le parti - per poter raggiungere accordi «tombali» - a sottoscrivere davanti alle sedi sindacali o alle direzioni territoriali del Lavoro accordi già raggiunti (e anche formalizzati).

Le questioni da chiarire nell’iter parlamentare
Alcune previsioni della nuova normativa, però, non convincono pienamente.
In primo luogo, il termine minimo di un mese necessario per espletare la procedura di negoziazione assistita appare eccessivo: spesso le trattative approdano a una composizione bonaria prima che sia trascorso questo periodo.
In secondo luogo, non convince la reintroduzione, all'articolo 3, della procedura di negoziazione per alcune tipologie di cause come condizione di procedibilità della domanda giudiziale (anche se questa previsione risulterà cogente soltanto dopo novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del Dl 132/2014 e solo per le domande di pagamento di somme non eccedenti l'importo di 50mila euro).
In particolare, la reintroduzione di una procedura obbligatoria da esperire preliminarmente al deposito del ricorso, comporta il ritorno a una dilatazione dei tempi di definizione della lite e a un maggiore dispendio di risorse, in controtendenza rispetto agli intenti di celerità degli ultimi interventi normativi sul processo del lavoro e rispetto alle considerazioni che già qualche anno fa hanno portato all'abolizione del tentativo obbligatorio di conciliazione. Inoltre, francamente non si sentiva la mancanza di un ulteriore adempimento obbligatorio che si andasse a sommare a quelli che già permeano i rapporti di lavoro, quali, ad esempio, la convalida delle dimissioni o la procedura legata al licenziamento per motivi economici.

La conciliazione obbligatoria sui licenziamenti economici

Rimane il dubbio se la negoziazione assistita sia da ritenersi non più obbligatoria una volta che sia stata esperita la procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo prevista dalla legge 92/2012 oppure le due procedure siano da considerarsi coesistenti. Sebbene il comma 5 dell'articolo 3 del Dl 132/2014 appaia confermare questa seconda ipotesi, sarebbe opportuno che su questo punto il legislatore facesse chiarezza.
La nuova norma, inoltre, ha già attirato su di sé le critiche dei Consulenti del lavoro, che richiedono l'inserimento della loro categoria tra i soggetti legittimati a esperire la negoziazione: ove rimanesse la previsione di obbligatorietà della negoziazione per le cause relative al pagamento di somme di denaro non superiori a 50mila euro, l'eventuale esito negativo della conciliazione comporterebbe una duplicazione dei soggetti coinvolti, perché per proseguire in giudizio occorrerebbe comunque rivolgersi a un professionista abilitato al patrocinio.
Al contrario, se la negoziazione non fosse più condizione di procedibilità, l'apertura ai Consulenti del lavoro potrebbe essere salutata con favore.
In conclusione, per raggiungere l'ambizioso (e finora mai compiutamente realizzato) progetto di fornire alle parti una efficace alternativa ai ricorsi giudiziali, la negoziazione muove nella direzione giusta ma presenta margini di perfettibilità che la pratica quotidiana non mancherà di evidenziare.

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