Contenzioso

Il calcolo dell'anzianità contributiva per la liquidazione della pensione supplementare

di Silvano Imbriaci

Il caso affrontato dalla Sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 21244 del 2014 riguarda un pensionato della Gestione pubblica ex Inpdap, in possesso di ulteriore anzianità contributiva presso l'Inps, che rivendica il diritto alla liquidazione della pensione supplementare di vecchiaia (ex articolo 5, comma 1 della legge 1338/1962) secondo il sistema di calcolo previsto dall'articolo 1, comma 13, legge 335/1995 (sistema retributivo e non contributivo). L'articolo 5, comma 1, della legge 1338/1962 consente al titolare di un trattamento pensionistico sostitutivo dell'assicurazione generale obbligatoria per i.v.s., o che ne comporti l'esclusione o l'esonero, di chiedere la liquidazione di una pensione supplementare relativamente a contributi ulteriori eventualmente maturati presso l'assicurazione generale obbligatoria, quando questi siano da soli non sufficienti per il diritto a una pensione autonoma.

Il problema è quello di verificare, una volta raggiunto il diritto a pensione di vecchiaia nell'assicurazione generale obbligatoria, le modalità con cui procedere alla liquidazione della pensione supplementare richiesta. Infatti mentre in via ordinaria l'articolo 7 della legge 155/1981 affermava chiaramente che le pensioni supplementari sono calcolate in forma retributiva, con le stesse norme previste per le pensioni autonome, con l'avvento della legge 335/1995 di riforma del sistema pensionistico, è stato introdotto, per ragioni di economia di spesa, il sistema contributivo (complessivamente più penalizzante per l'assicurato), anche se in forma graduale. Viene infatti esclusa dall'applicazione del nuovo sistema la situazione di chi possa vantare al 31 dicembre 1995 un'anzianità contributiva di almeno 18 anni (articolo 1, commi 12 e 13, della legge 335/1995).

La questione risolta dalla Cassazione concerne dunque le modalità di calcolo di questa anzianità contributiva minima: occorre tener conto di tutta la contribuzione accreditata fino al 31 dicembre 1995, presso qualsiasi ente previdenziale, oppure occorre effettuare delle distinzioni? Secondo la tesi sostenuta dall'assicurato, il riferimento generico all'anzianità contributiva contenuto nell'articolo 1, comma 13 della legge 335/1995 consente di aderire a una interpretazione estensiva, con conseguente computo, ai fini dell'applicazione del regime retributivo più favorevole, dell'anzianità contributiva oggettivamente in possesso dell'assicurato, comunque maturata.

La soluzione della Cassazione è di segno opposto. Dal tenore letterale dell'articolo 1, comma 12, della legge 335/1995, si ricava agevolmente che le anzianità contributive di cui tener conto ai fini del calcolo della soglia dei 18 anni di anzianità sono necessariamente quelle che, indipendentemente dalla loro provenienza, non sono state considerate ai fini della liquidazione di precedenti trattamenti pensionistici. La norma infatti fa riferimento ai lavoratori iscritti e non ai lavoratori pensionati.

La conservazione del sistema retributivo, dunque, ha un senso solo nelle ipotesi in cui l'interessato non abbia già ottenuto, con quella contribuzione, la liquidazione di un trattamento pensionistico (e, si aggiunga, già con il sistema retributivo). Altrimenti la contribuzione già versata presso l'Inpdap (in questo caso) finirebbe per essere conteggiata due volte: per la liquidazione della pensione diretta in godimento e per la determinazione dell'anzianità contributiva utile per la scelta del sistema retributivo o contributivo con cui liquidare la pensione supplementare. Il che, secondo la Cassazione, pare chiaramente esulare dagli scopi protettivi previsti nella regolazione del passaggio graduale dal sistema retributivo a quello contributivo nella liquidazione dei trattamenti pensionistici.

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