Contenzioso

Il diritto alle prestazioni assistenziali segue il centro di interessi del lavoratore straniero

di Gina Rosamarì Simoncini

Con la sentenza della Corte di Giustizia n. C-394/13 dell'11 settembre scorso, è stata fornita una chiara interpretazione del regolamento CEE n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori, siano essi subordinati o autonomi, nonché ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità europea. Il caso di specie riguardava una signora, di cittadinanza ceca, residente da tempo in Francia con marito e figlia, la quale chiedeva di vedersi riconosciuto il diritto a godere di prestazioni familiari erogate dalla Repubblica ceca. Per maggiore chiarezza, è necessario spiegare che i due coniugi, pur vivendo in Francia, avevano sempre mantenuto il domicilio nel loro paese di origine, fatto registrato dal paese ceco, ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 13/2000. La signora, peraltro, aveva già percepito sussidi di disoccupazione in Francia, un assegno di maternità e poi, la cd. “PAJE”, ovvero, una prestazione familiare complementare per l'accoglienza della prima infanzia. Esauriti tali benefici, presentava domanda alla Repubblica ceca con lo scopo di ottenere un'ulteriore prestazione familiare. Quest'ultima veniva concessa a partire da dicembre 2009, per poi essere revocata dal primo maggio 2010 perché la situazione doveva essere rivalutata con l'entrata in vigore del regolamento n. 883/2004, tenuto conto anche delle nuove norme relative al concetto di residenza. La motivazione della sospensione consisteva nel fatto che lo Stato membro competente per il caso in questione era da intendersi la Francia poiché centro di interessi della famiglia.
Tutto ciò considerato, la Suprema Corte amministrativa ceca sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte delle questioni pregiudiziali. Dapprima chiedeva la corretta interpretazione dell' art. 76 del regolamento n. 1408/71, in altre parole, se quest'ultimo intendesse la Repubblica ceca come lo stato competente a concedere le prestazioni familiari. In caso di risposta affermativa, come dovevano valutarsi le disposizioni transitorie del regolamento n. 883/2004 poiché da maggio 2010 vi era una nuova definizione di “residenza”. Invero, in caso negativo, se il regolamento del 2004 dovesse essere interpretato nel senso che si imponeva alla Repubblica ceca, quale stato membro di riferimento,considerata la nazionalità dell'istante, la concessione di una prestazione familiare. In altre parole, ciò che veniva chiesto dal giudice del rinvio era se il regolamento n. 1408/71 dovesse essere considerato ostativo a che uno Stato membro fosse considerato come lo Stato competente a concedere a una persona una prestazione familiare, conformemente al proprio diritto nazionale, per il solo fatto che quest'ultima aveva un domicilio registrato nel suo territorio, senza che essa e i suoi familiari avessero intrapreso un lavoro o ivi risiedessero. Va chiarito che il principio basilare da applicare è che gli individui sono soggetti alla legislazione di un solo Stato membro per evitare il cumulo di legislazioni applicabili a un caso concreto. Si pensi che a livello di prestazioni assistenziali non sarebbe cosa sgradita ricevere benefici da più Stati, ma volendo essere concreti, non lo sarebbe altrettanto in caso, ad esempio, di doppia imposizione fiscale. Detto questo, parte della soluzione dell'intricato caso sta nell'art 13, paragrafo 2, lettera f) del regolamento n. 1408/71 secondo cui ad una persona che abbia cessato qualsiasi attività lavorativa in uno Stato membro, si applica la legislazione dello Stato in cui essa ha previamente svolto una qualsiasi attività subordinata, qualora continui ad avere ivi la sua residenza. Quindi le prestazioni sono erogate dallo stato che ha beneficiato del lavoro dell'individuo e pertanto, nel caso in esame, la signora è soggetta alla legislazione dello stato francese perché lì aveva prestato il proprio lavoro e rimane il luogo in cui ha il centro dei propri interessi. Dall'analisi della legislazione ceca, però, emergeva la possibilità per la signora di richiedere prestazioni assistenziali per il solo fatto d'aver registrato un domicilio nel territorio della Repubblica ceca. La vicenda in esame si è risolta con l'interpretazione che la mera registrazione di un domicilio permanente non è tale da creare un saldo collegamento con lo Stato di origine, anzi, pare mancare un legame effettivo tra la vicenda personale della signora e il territorio dello stato membro natio, tale per cui è lecito che le siano negati i benefici richiesti. Essendo stata fornita una opinione negativa al quesito principale, La Corte ha spiegato che la nozione di “residenza”, ai sensi dell'art. 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004, è il luogo in cui una persona risiede abitualmente, da equiparasi al centro di interessi della persona, valutabile sulla base della durata e continuità della presenza sul territorio dello Stato, anche in relazione a una situazione familiare. In ultima battuta, si può affermare che uno Stato membro non può essere considerato competente rispetto agli interessi di un individuo solo sulla base di un domicilio ivi registrato, quindi senza che esso e i suoi familiari lavorino o risiedano abitualmente in tale Stato membro, poiché è necessario un diretto collegamento di interessi tra i motivi alla base della richiesta e lo stato concedente.

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