Contenzioso

Case da gioco: il «peso» delle mance dei croupiers nel calcolo del Tfr

di Elena Signorini

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22539 del 23 ottobre 2014, affronta la questione delle mance non provenienti dal datore di lavoro ma erogate da terzi ai croupiers delle case da gioco con preciso riguardo alla loro identificabilità quali elementi integrativi della retribuzione annua considerata ai fini del calcolo del Tfr.
La sentenza recependo un consolidato principio giurisprudenziale (Cass nn. 8598 del 16 luglio 1992; n. 11502 del 4 novembre 1995 e n. 1305 del 12 febbraio 1997) afferma che “.. deve escludersi la computabilità ai fini del calcolo del TFR di una quota forfettizzata delle mance ai croupies (...), considerato che tale emolumento non presenta i caratteri che ai sensi dell'art. 2099 c.c. caratterizzano la retribuzione e difettando specifiche previsioni della contrattazione collettiva che consentano di attribuirvi tale natura”.
La Corte per ribadire tale assunto ripercorre i diversi aspetti sottesi alla vicenda che aveva visto il rigetto delle richieste dei ricorrenti sia in primo che in secondo grado. Preliminarmente essa ha ritenuto significativo ribadire il principio (allo stato oramai consolidato) secondo cui l'incremento patrimoniale derivante dalle mance percepite dagli impiegati delle case di gioco rientra e concorre alla determinazione del reddito ex artt. 46 e 48, 1 c., del D.P.R. n. 917/1986, ancorché nella sola misura del 75% delle stesse. Poiché peraltro tali mance vantano un nesso di derivazione dal rapporto lavorativo, esse rientrano in quel concetto di reddito di lavoro dipendente anche ai fini contributivi, con la sola esclusione del 25% non considerato utile a formare il reddito stesso.
Quel nesso di occasionalità necessaria che lega tali emolumenti alla prestazione lavorativa viene evidenziato dalla Corte per stigmatizzare un concetto reddituale ai fini fiscali e contributivi che come noto non presenta una piena coincidenza con quello di retribuzione effettiva, senza però affrontare la coincidenza tra tale nozione e quella che delineata invece nell'2120 c.c..
Nel concetto di retribuzione intesa (ex artt. 2099 c.c. e 2210 c.c.) come quel “tutto” che il lavoratore riceve in cambio della sua prestazione di lavoro e che si pone con tale prestazione in nesso non di sola occasionalità necessaria, bensì di corrispettività e di derivazione eziologica, le mance son da considerarsi escluse.
Due sono gli aspetti significativi evidenziati dalla Corte per ribadire tale esclusione. Preliminarmente essa sottolinea la circostanza che tali emolumenti provengono non dal datore di lavoro (pertanto non all'interno del rapporto) bensì da un atto di liberalità, aleatorio ed imprevedibile, di terzi. Al riguardo al Corte evidenzia che i clienti che le elargiscono non lo fanno in virtù della prestazione che il croupier rende, bensì in virtù di quel “gradimento” che gli stessi hanno tratto dalla fruizione complessiva di tutti i servizi offerti dal Casino, ivi inclusa, la manifestazione di professionalità del croupier destinatario della liberalità in esame. A conferma ciò vi è peraltro la previsione espressa dell'art. 22 del CCNL vigente per gli impiegati del Casinò della Vallée giochi francesi e dell'art. 21 del CCNL vigente per gli impiegati del Casinò della Vallée, giochi americani, che prevede la suddivisione, ad opera di una apposita Commissione, di tali elargizioni tra azienda ed impiegati tecnici al 50%.
In secondo luogo la Corte evidenzia come tali mance non hanno carattere di corrispettivo della attività lavorativa. Nel caso in esame le norme collettive richiamate dai ricorrenti non appaiono idonee a far assurgere a livello retributivo le mance di cui è causa. Non appare significativo in tal senso il fatto che vi sia una suddivisione al 50% tra azienda e croupier poiché ne evidenza la natura aleatoria comunque legata alla libera determinazione del terzo donante, liberalità di cui si avvantaggia peraltro anche il datore. Non appare nemmeno significativo il fatto che la suddivisione sia gestita per questioni di equità da una apposita Commissione costituita dai rappresentanti degli impiegati tecnici, i cui stipendi, proprio perché potenzialmente e prevedibilmente incrementati o incrementabili dalle mance, sono inferiori rispetto agli impiegati amministrativi. Ribadire infatti l'importanza dell'emolumento e manifestare l'esigenza di introdurre una organizzazione concordata alla sua ripartizione non ne muta la natura restando, quelle, pur sempre voci che non integrano la retribuzione. Per rendere significativa tale circostanza sarebbe stato necessario indicare in quale misura le retribuzioni differiscono tra impiegati dello stesso livello, precisando in che sede e con quali modalità l'apporto delle mance venga ritenuto determinante per colmare tale divario, tenuto conto che si tratta di entrate comunque aleatorie e variabili. A diverso avviso si sarebbe potuti giungere ove le parti del contratto individuale o collettivo avessero conferito con uno specifico accordo negoziale all'emolumento preso in esame funzione di coefficiente integrativo della retribuzione con effetti costitutivi (Cass. 9538 del 1° luglio 2002; Cass. 8598 del 16 luglio 1992). La sentenza in esame, rigettando la richiesta di considerare nella voce retributiva di calcolo del TFR anche il 75% delle mance ricevute, ribadisce pertanto la funzione integrativa della contrattazione collettiva in tema di trattamento di fine rapporto, aspetto questo peraltro esplicitamente previsto dallo stesso legislatore all'art. 1, L. 29 maggio 1982, n. 297.

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