Contenzioso

Sui co.co.pro. pesa il progetto

di Giuseppe Bulgarini D'Elci

Il Tribunale di Roma ha precisato, con sentenza emessa lo scorso 23 ottobre, che tratti peculiari e qualificanti del contratto di collaborazione a progetto sono costituiti, in linea con le previsioni di legge, dalla specifica formulazione di un progetto di lavoro, la quale non può tradursi nella mera previsione di funzioni e competenze che siano coincidenti con il “core business” aziendale, e dalla ulteriore previsione di un risultato finale cui il progetto stesso sia funzionalmente collegato.

L'individuazione di uno specifico risultato a cui la prestazione lavorativa richiesta al collaboratore è teleologicamente orientata costituisce, a parere del giudice capitolino, essenziale requisito distintivo del contratto di collaborazione a progetto rispetto al rapporto di lavoro subordinato, atteso che il collaboratore, rispetto al lavoratore dipendente, non pone le sue energie lavorative a favore del datore di lavoro, ma si obbliga a conseguire un determinato risultato mediante esecuzione di un'opera o di un servizio specifici.

Precisa il Tribunale di Roma che, in questo contesto, ciò che contraddistingue la collaborazione nella modalità a progetto rispetto alla prestazione di lavoro subordinato è la puntuale e non generica individuazione nel testo contrattuale dello specifico progetto cui la collaborazione è preordinata al fine del conseguimento di un risultato finale, essendo entrambi gli elementi condizione essenziale ed insostituibile di validità del tipo negoziale.

Il caso sottoposto all'esame del giudice capitolino era quello di un lavoratore, il quale, dopo aver prestato ininterrottamente la sua attività lavorativa di tecnico informatico in forza di 15 contratti di collaborazione a progetto nel periodo settembre 2004-dicembre 2012, aveva rivendicato la costituzione di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e, sul presupposto di un licenziamento orale a lui asseritamente intimato, aveva richiesto la condanna della società alla reintegrazione sul posto di lavoro ex articolo 18 della Legge 300/70 e al pagamento di tutte le retribuzioni maturate nell'intervallo non lavorato, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.

La domanda era stata proposta mediante ricorso al rito abbreviato previsto dalla Riforma Fornero (Legge 92/12) per le controversie in materia di licenziamento assistite da tutela forte, ma il giudice di merito ha escluso che la cessazione del rapporto per scadenza dell'ultimo contratto a progetto potesse equivalere alla intimazione di un licenziamento verbale ed ha, quindi, rigettato il ricorso con limitato riferimento alla domanda di tutela reintegratoria ex articolo 18 della Legge 300/70, disponendo per le altre domande il mutamento del rito.

Il Tribunale ha, quindi, concluso che, non essendo stato esplicitato nei primi 5 contratti di collaborazione, sulla base dei quali il lavoratore aveva svolto mansioni di tecnico addetto al monitoraggio e controllo dei sistemi informatici, uno specifico progetto funzionalmente ricollegato al raggiungimento di un risultato, bensì solo richiamata la generica partecipazione ad una commessa in materia informatica, erano da escludersi i tratti distintivi di una genuina collaborazione nella modalità a progetto.

Attesa la mancanza di tali condizioni, il Tribunale di Roma ha dichiarato l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con effetto dal primo contratto, riconoscendo che la previsione di cui all'articolo 69, comma 1, del Dlgs 276/03, per la quale i contratti di collaborazione instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto stesso, costituisce una presunzione assoluta.

In linea con il prevalente indirizzo della giurisprudenza, il giudice capitolino ha ribadito che la natura assoluta della presunzione si regge sul presupposto che il legislatore ha inteso introdurre la sanzione più forte con un approccio particolarmente repressivo, nel conclamato intento di contenere e contrastare il ricorso diffuso a forme di elusione ritenute esiziali per il mercato del lavoro.

La sentenza del Tribunale di Roma nella causa 29781/13

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