Contenzioso

La diversità dei processi produttivi esclude la violazione del patto di non concorrenza

di Alberto De Luca e Giulia Ambrosino

Confermando una decisione della Corte d’appello di Brescia, la sezione lavoro della Corte di cassazione, con la sentenza 24662 del 19 novembre 2014, è tornata a pronunciarsi sul tema della violazione del patto di non concorrenza. Nello specifico, il giudice di merito riteneva che, laddove il patto sia espressamente limitato “ai prodotti oggetto dell’attività lavorativa del dipendente”, dovessero essere escluse dal possibile oggetto del medesimo – in quanto inidonee a integrare concorrenza – le attività estranee allo specifico settore produttivo e commerciale della società ex datrice di lavoro nonché al mercato nelle sue oggettive strutture, ove convergano domande e offerte di beni o servizi identici oppure reciprocamente alternativi o fungibili ovvero parimenti idonei ad offrire beni e servizi nel medesimo mercato.

La Corte territoriale, infatti, escludeva la violazione del patto di concorrenza affermando, anche sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio, la diversità dei meccanismi di produzione, degli impianti adoperati nonché dei prodotti realizzati dalle due società e affermava altresì che le conoscenze e le informazioni acquisite dal lavoratore presso la società ex datrice di lavoro non avrebbero potute essere utilizzate presso il nuovo datore di lavoro. Contro tale pronuncia, la società ex datrice di lavoro proponeva dunque ricorso per cassazione fondato su tre motivi: 1) la violazione dell’articolo 2125 del codice civile (in rapporto all’articolo 1372 sempre del codice civile; 2) l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (articolo 360, comma 5, del codice di procedura civile); 3) la società censurava la sentenza del giudice di merito nella parte in cui condannava la medesima al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso residuata a seguito della propria presunta condotta illegittima consistente nell’aver inibito il lavoratore a prestare la propria attività lavorativa durante il periodo di preavviso decorrente dalla data delle dimissioni volontarie dello stesso.

Relativamente ai primi due motivi, che qui interessano, la Suprema corte ha confermato che l’obiettiva diversità dei processi produttivi, degli impianti, della composizione delle sostanze e della modalità di realizzazione dei prodotti finali, rendevano l’attività svolta dal nuovo datore di lavoro diversa rispetto a quella espletata dalla società ricorrente e in nessun modo collegabile alla professionalità e alle competenze tecniche acquisite dal lavoratore presso la società ex datrice di lavoro. In sostanza, il giudice di legittimità ha avallato l’oggettiva diversità dell’attività - e dunque l’assenza di competitività - delle due società, già accertata dalla Corte territoriale, ritenendo inoltre che l’attività lavorativa prestata in favore del nuovo datore di lavoro non rientrava nell’ambito oggettivo del patto di non concorrenza, espressamente limitato “ai prodotti oggetto dell'attività lavorativa del dipendente”.

Tutto quanto precede, rendeva inoltre superfluo ogni ulteriore accertamento circa l’eventuale compromissione delle residue possibilità del lavoratore di trovare un’altra occupazione e diversa allocazione nel mercato del lavoro. La Suprema corte, dichiarando non meritevoli di accoglimento i motivi di doglianza della società ricorrente, ha confermato integralmente la sentenza di appello rigettando così, in via definitiva, il ricorso.

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