Contenzioso

Accesso al trattamento pensionistico e cessazione dell’attività lavorativa

di Silvano Imbriaci

La Sezione Lavoro della Cassazione 15 marzo 2016, n. 5052 precisa l'esatta collocazione del principio della inoccupazione quale requisito per l'accesso al trattamento pensionistico (nella specie di anzianità), in relazione alla diversa regola del cumulo dei redditi da pensione e da lavoro. Il caso di specie prende le mosse dall'articolo 22 della legge n. 153/1969, norma che ha introdotto la pensione di anzianità nel nostro ordinamento e che ha indicato nella cessazione dell'attività lavorativa un elemento costitutivo del diritto alla pensione di anzianità (al pari dell'anzianità di iscrizione e del requisito contributivo). Il fatto che il successivo articolo 1, comma 25, della legge n. 335/1995 (generale riordino del sistema pensionistico) non preveda espressamente anche il requisito della inoccupazione per l'accesso al trattamento di anzianità, non equivale a ritenere superato il principio, anche per la perdurante vigenza dell'articolo 10 del Dlgs n. 503/1992, che ha espressamente previsto l'incumulabilità dei redditi da lavoro dipendente con la pensione di anzianità (parzialmente per quanto riguarda il lavoro autonomo) e comunque la subordinazione del conseguimento del trattamento pensionistico alla risoluzione del rapporto di lavoro ovvero alla cessazione del lavoro autonomo mediante la cancellazione dagli elenchi della categoria (cfr. anche l'art. 72 della legge n. 388/2000).

Sotto il profilo della cumulabilità un'ulteriore tappa del processo evolutivo riguarda la fase di regime della riforma del 1995; cioè le pensioni da liquidare esclusivamente con il sistema contributivo, una volta soppressa la distinzione tra pensione di vecchiaia e pensione di anzianità. Tale riforma aveva previsto la vigenza, fino al compimento da parte dell'interessato dell'età di 62 anni, del regime di incumulabilità con il reddito da lavoro dipendente, nella sua interezza, e con il reddito da lavoro autonomo nella misura del 50% della parte eccedente il trattamento minimo; e invece dall'età di 63 anni in poi, del regime di incumulabilità della pensione con i redditi sia da lavoro dipendente, sia da lavoro autonomo nella misura del 50% della parte eccedente l'importo del trattamento minimo (Legge n. 335 del 1995, art. 1, commi 21 e 22). Detti limiti al cumulo tra pensione e redditi da lavoro sono ormai sostanzialmente superati e attualmente le pensioni di anzianità sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro tanto autonomo che dipendente, purché il lavoratore abbia una determinata anzianità contributiva (Legge n. 388 del 2000, art. 72, e Legge n. 289 del 2002, art. 44; vedi anche la Legge n. 133 del 2008, art. 19).
Tuttavia, la circostanza che la legge abbia consentito il cumulo tra pensione di anzianità e redditi da lavoro, nulla toglie, secondo la Cassazione, al fatto che la prestazione non potesse essere erogata se non dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Quello della inoccupazione costituisce un principio talmente “di sistema” che è stato esteso anche alle pensioni di vecchiaia dal Dlgs n. 503/1992 (art. 1, comma 7). Questo perché l'occupazione al momento della domanda impedirebbe il verificarsi di quella condizione di bisogno che giustifica l'erogazione del trattamento pensionistico, secondo i canoni ermeneutici tratti dall'art. 38 della Costituzione. In altre parole, la produzione di un reddito di lavoro subordinato esclude lo stato di bisogno del lavoratore e quindi anche l'esigenza di garantire allo stesso mezzi adeguati alle esigenze di vita ex art. 38 della Costituzione.
Sul punto devono essere distinti gli ambiti di applicazione e i significati della cessazione del rapporto di lavoro rispetto alla possibilità del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico. La cessazione del rapporto di lavoro, al pari dell'anzianità contributiva e assicurativa, costituisce un presupposto necessario per l'insorgenza del diritto a pensione, da valutarsi al momento della presentazione della domanda amministrativa. Altra cosa è la disciplina della cumulabilità dei redditi, che riguarda una fase successiva relativa ai rapporti tra i redditi percepiti (Cass. n. 4898/2012). Dunque la Cassazione ribadisce il principio per cui presupposto indefettibile, oltre a quello dell'anzianità contributiva, affinché possa essere erogata la pensione di anzianità è che il rapporto di lavoro dipendente da cui sia derivata sia cessato. Questo vale anche per le pensioni liquidate con il sistema contributivo (siano esse di vecchiaia, di anzianità o comunque anticipate) e la cessazione del rapporto di lavoro deve riguardare tutte le attività lavorative al momento del pensionamento (e non al momento in cui si perfezionano i requisiti anagrafici e contributivi). Occorre, dunque, che vi sia una soluzione di continuità (in caso di medesimo o diverso datore di lavoro) fra i successivi rapporti di lavoro al momento della richiesta di pensione di anzianità e della decorrenza della pensione stessa e che naturalmente tale cessazione sia reale ed effettiva, e non solo formale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©