Contenzioso

Imposta dovuta sui compensi erogati dopo la chiusura della partita Iva

di Andrea Costa e Massimo Droghieri

Con la sentenza n. 8059 del 21 aprile 2016 le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno stabilito che «il compenso di prestazione professionale è imponibile a fini Iva, anche se percepito successivamente alla cessazione dell'attività, nel cui ambito la prestazione è stata effettuata, ed alla relativa formalizzazione».
La controversia oggetto della decisione scaturiva dall'impugnazione da parte del contribuente, già esercente la professione di architetto, di un avviso di accertamento Irpef, Irap e Iva relativo all'anno 2002, quando nel 1997 lo stesso aveva cessato l'esercizio dell'attività professionale, chiudendo la propria partita Iva.
In primo e secondo grado era stata affermata l'illegittimità del recupero Iva da parte dell'Amministrazione finanziaria in quanto, al momento della riscossione, difettava il presupposto soggettivo dell'imposta di cui agli articoli 1 e 5 del Dpr n. 633/1972; proprio con riferimento alla prestazione di servizi, è lo stesso articolo 6, comma 3 del citato Dpr n. 633/1972 a stabilire che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo.
Al fine di rimuovere le incertezze interpretative, le Sezioni Unite hanno provveduto ad individuare la legislazione applicabile al caso di specie alla luce dei principi sanciti dal diritto dell'Unione, che, riguardo ai tributi armonizzati, risultano prevalenti rispetto al diritto interno. Il riferimento è, nello specifico, ai principi delineati dalla sesta direttiva Iva 77/388/CE (art. 10, co. 1 e 2) e nella direttiva Iva 112/2006/CE (articoli 62, 63 e 66), che, riguardo all'imposta, individuano e distinguono tre distinti momenti: il fatto generatore, l'esigibilità e il pagamento. Come specificato anche dalla Corte di giustizia nella causa C-549/11 del 19 dicembre 2012, l'ordinamento comunitario contempla il fatto generatore dell'imposta quale nozione autonoma e distinta, sul piano concettuale, rispetto a quella di esigibilità dell'imposta medesima e inequivocabilmente lo ancora al dato del materiale espletamento dell'operazione, non a quello del pagamento del corrispettivo.
Viene così sostanzialmente confermata la tesi sostenuta in passato dall'agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 232/E del 20 agosto 2009, secondo la quale l'effettivo momento di cessazione dell'attività del professionista si verifica nell'istante in cui sono conclusi tutti i rapporti giuridici derivanti dallo svolgimento dell'attività, compresa la riscossione delle prestazioni in precedenza effettuate.
Recepite le indicazioni delle Sezioni Unite, è necessario ora soffermarsi sulle conseguenze operative connesse alla chiusura della partita Iva, soprattutto nel caso in cui il professionista debba ancora incassare alcuni compensi. In tali circostanze è possibile seguire essenzialmente due strade:
- fatturare tutti i servizi resi e non ancora incassati, versare la relativa imposta sul valore aggiunto, e successivamente chiudere la partita Iva; ovvero
- attendere di incassare tutti i compensi, versare la relativa imposta sul valore aggiunto e quindi procedere alla chiusura della partita Iva.
Nel particolare caso in cui il professionista abbia incassato compensi professionali successivamente alla chiusura della partita Iva, si ritiene perseguibile la strada del ravvedimento operoso, attivabile anche in caso di contestazione da parte dell'Ufficio.

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