Contenzioso

Intervento del Fondo di garanzia e decadenza

di Silvano Imbriaci

Il dibattito sulla natura delle prestazioni erogate dal Fondo di Garanzia Inps a tutela dei crediti retributivi (Tfr e ultime mensilità) in caso di insolvenza del datore di lavoro (legge n. 297/1982 e Dlgs n. 80/1992) ha costretto più volte la giurisprudenza a dare delle risposte ragionate proprio per la importanza degli effetti che derivano dall'una o dall'altra opzione. La tesi della natura retributiva, che era emersa in una prima fase (cfr. Sezioni Unite, n. 14220/2002), aveva ricollegato in modo piuttosto immediato il ruolo del Fondo a quello del datore di lavoro insolvente, nelle forme di un vero e proprio accollo, con l'effetto di conservare la natura retributiva delle somme erogate, indipendentemente dal soggetto chiamato al pagamento. Questo orientamento è stato poi oggetto di una profonda rimeditazione, volta in prima battuta ad evidenziare la ratio dell'intervento sostitutivo, generato dalla formazione di un vero e proprio rapporto previdenziale tra lavoratore ed ente (domanda amministrativa necessaria) e determinato da esigenze di protezione “sociale” del lavoratore stesso (per un esempio chiaro cfr. Cass., Sez. Civile VI, ord. n. 10875/2013). È di tutta evidenza che la scelta di questo tipo di approccio (che comunque non può dirsi ancora uniformemente adottata dalla giurisprudenza, anche di merito) comporta alcune conseguenze di enorme rilevanza pratica che finiscono, in alcuni casi, per condizionare lo stesso accesso alla tutela di garanzia. La procedimentalizzazione della fase amministrativa, infatti, sotto questo profilo assume un rilievo fondamentale in vista della successiva tutela giudiziaria, sia per le condizioni di proponibilità del ricorso e/o della sua procedibilità ex art. 443 del codice di procedura civile, in caso di assenza di domanda amministrativa o di mancata adozione di provvedimento definitivo, sia per i termini decadenziali legati alla tempestiva proposizione dell'azione giudiziaria (art. 47 del Dpr n. 639/1970 - come modificato dall'art. 4 del D.L. n. 384/1992 e dall'art. 6 della legge n. 166/1991). L'ordinanza n. 8671/2016 della VI sez. civile della Cassazione applica compiutamente questi principi, seguendo le indicazioni che già la Cassazione (con sentenza delle Sezioni Unite n. 19992/2009) aveva dato in merito all'applicabilità dell'istituto della decadenza alle prestazioni offerte dal Fondo di Garanzia. Tali prestazioni, infatti, a dispetto dell'orientamento che ne evidenzia la natura retributiva, rientrano a tutti gli effetti nella Gestione prestazioni temporanee ai Lavoratori dipendenti di cui alla legge n. 89/1988. Nel caso di specie la Cassazione ha rilevato come alla conclusione del procedimento non fosse seguita la proposizione del ricorso giudiziario tempestivo, calcolando il termine di un anno e trecento giorni dall'inoltro della domanda amministrativa. Infatti, al termine decadenziale previsto per le prestazioni non pensionistiche (un anno), deve aggiungersi il termine di trecento giorni corrispondente alla durata massima complessiva del procedimento amministrativo risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni previsto per la decisione della domanda (art. 7 l. n. 533/1973) e di centottanta giorni previsto per la decisione del ricorso amministrativo (l. n. 88/1989, art. 46). Su tale sequenza procedimentale non ha alcun effetto né la mancanza di un provvedimento di diniego espresso da parte dell'ente, né la decisione tardiva sulla domanda o sul ricorso amministrativo (trattasi di decadenza cosiddetta inarrestabile), in quanto le norme sulla decadenza descrivono una regolamentazione dei tempi dell'azione giudiziaria avente rilevanza di ordine pubblico, per le materie e gli interessi che vi sono coinvolti. Ciò comporta che la relativa disciplina sia inderogabile (non hanno rilievo i comportamenti delle parti o le indicazioni contenute nei provvedimenti amministrativi circa i tempi di accesso all'autorità giudiziaria) e rilevabile d'ufficio. L'effetto dell'intervenuta decadenza è sostanziale: il diritto non può più essere azionato. Ciò fa sì che, soprattutto nelle prestazioni minori, la questione della prescrizione del diritto passi in secondo piano rispetto alla necessità che comunque l'interessato si attivi negli stretti termini decadenziali per veder tutelato il proprio diritto.

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