Contenzioso

Transazioni semplici e novative collegabili al rapporto di lavoro

di Cristian Valsiglio

Le controversie di lavoro, nella maggior parte dei casi, si chiudono con procedure conciliative di tipo transattivo. La transazione, ai sensi dell'articolo 1965 del codice civile, è un contratto in cui le parti contraenti, il datore di lavoro e il dipendente, al fine di chiudere la lite giudiziale, addivengono a una soluzione di compromesso concordata. Al fine della corretta identificazione del regime contributivo e tributario da applicare alle somme concesse in virtù del predetto contratto è necessario soffermarci sulle definizioni civilistiche di transazione semplice e transazione novativa.

Una transazione è definita:
- semplice quando le parti danno vita a un accordo con il quale si limitano ad apportare modifiche a una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto, senza estinguerlo, mediante reciproche concessioni consistenti anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi;
- novativa se le parti manifestano la volontà esplicita di stipulare un accordo che non entra nel merito delle ragioni delle parti, ossia astrae dall'oggetto della controversia, e ha il solo scopo di porre fine alla lite attraverso il pagamento di un corrispettivo a fronte della garanzia di rinuncia alla lite stessa.

Dalle definizioni sopra riportate si evince un principio di carattere generale: i corrispettivi erogati per effetto di una transazione novativa non sono relazionabili al rapporto di lavoro in quanto lo stesso è stato estinto e sostituito da un altro rapporto (il contratto di transazione). Tuttavia, il ministero delle Finanze con circ. n. 326/E/1997 afferma, discostandosi dal principio sopra riportato, che devono essere considerati imponibile fiscale «le somme e i valori, comunque percepiti, a seguito di transazioni, anche novative, intervenute in costanza di rapporto di lavoro o alla cessazione dello stesso».
Sotto l'aspetto fiscale, dunque, escludendo l'imponibilità per le somme collegate al cosiddetto danno emergente, nelle ipotesi di indennizzo da lucro cessante gli importi oggetto di transazione sono imponibili a vario titolo.
In particolare in merito alla modalità di tassazione si veda la tabella allegata .

Sotto l'aspetto contributivo gli importi corrisposti in virtù di un accordo transattivo (transazione semplice o novativa) sono imponibili solo dove vi sia l'effettiva esistenza di una relazione tra l'importo corrisposto e il rapporto di lavoro. L'Inps, con la circ. n. 263/1997, ritiene necessaria, indipendentemente da come i soggetti contraenti qualifichino la transazione nell'atto sottoscritto, una verifica sulla reale natura delle somme erogate al fine di rilevare la riferibilità o meno dell'erogazione di una somma avente natura retributiva, con ogni conseguenza in ordine all'imponibilità contributiva della stessa (v. anche Circ. Inps n. 6/2014). Non sono imponibili le somme corrisposte a titolo transattivo collegate alla cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione (articolo 12, comma 4, lett. b), legge 153/1969).

Offerta conciliativa nel contratto a tutele crescenti (articolo 6, dlgs 23/2015)
Dalle fattispecie sopra illustrate si deve tenere distinta la conciliazione prevista al fine di risolvere le liti collegate alla risoluzione del rapporto di lavoro in regime di tutele crescenti. Il dlgs 23/2015 ha introdotto una nuova disposizione volta a evitare il giudizio, ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge; tale particolare previsione riguarda i soggetti rientranti nella disciplina sanzionatoria dei contratti a tutele crescenti, ossia gli assunti (o confermati) dal 7 marzo 2015. Nei confronti dei predetti lavoratori, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, ossia entro 60 giorni dalla comunicazione del recesso, in una delle sedi di cui all'articolo 2113, comma 4, del codice civile, e all'articolo 82, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo - che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale - di ammontare pari a una mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Se il datore di lavoro è una piccola impresa, ossia se non ha almeno 16 dipendenti nell'unità produttiva o nel comune in cui si è verificato il recesso, ovvero se non ha più di 60 in tutto, l'importo di cui sopra è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di 6 mensilità.

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