Contenzioso

Contribuzione figurativa e servizio militare effettivo

di Silvano Imbriaci

L'accredito di contribuzione figurativa per il periodo di servizio militare obbligatorio è regolato dall'articolo 49 della legge n. 153/1969, secondo cui i periodi di servizio militare ed equiparati sono considerati utili a richiesta dell'interessato ai fini del diritto e della determinazione della misura della pensione dell'assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti. La norma fa riferimento, tra l'altro, all'art. 56 del Rdl 4 ottobre 1935 n. 1827 (conv. in l. n. 1155/1936) secondo cui sono computati utili agli effetti del diritto e della misura della pensione i periodi di servizio militare effettivo, sia volontario che obbligatorio, purché complessivamente non eccedente il periodo corrispondente al servizio di leva.

La vicenda di cui si occupa la sentenza n. 27556/2016 della Cassazione riguarda il riconoscimento del diritto all'accredito della contribuzione figurativa, nella misura corrispondente al periodo trascorso in carcere, a favore di un soggetto che si sia rifiutato di adempiere al proprio dovere costituzionale di difesa attraverso lo svolgimento del servizio militare di leva obbligatorio e che, in conseguenza di tale sua scelta, sia stato condannato a pena detentiva. L'interessato, nel caso di specie, nei primi anni ’70, era stato avviato per ben due volte al servizio obbligatorio, ma in entrambe le volte si era rifiutato di indossare la divisa per motivi religiosi. Da qui l'arresto, per il reato di disobbedienza, e, dopo la scarcerazione, l'invio al distretto militare di appartenenza. Peraltro, non risultava che lo stesso avesse presentata alcuna richiesta di servizio militare non armato o di servizio civile (obiezione di coscienza). Sulla base di queste premesse, l'attenzione della Cassazione si incentra tutta sul concetto di servizio militare effettivo, alla cui individuazione si giunge innanzitutto rilevando che solo in alcune ipotesi circoscritte, e non interpretabili in via analogica, è possibile l'accredito figurativo di contribuzione in alternativa al servizio militare. Si tratta di ipotesi legate ad una realtà storica ben determinata, come, ad esempio, i periodi prestati in qualità di partigiano, o da soggetti militarizzati alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, o presso la Cri. Al di là di queste situazioni, valgono i principi generali in punto di accredito di contribuzione figurativa: il meccanismo di attribuzione di periodi contributivi in assenza di un'effettiva attività lavorativa vuole evitare che i soggetti protetti possano subire un pregiudizio in relazione ad eventi che impediscono, per cause non direttamente dipendenti dalla volontà dell'interessato, il regolare svolgimento dell'attività lavorativa. In funzione dei principi di solidarietà sociale, in questi casi l'ordinamento ammette l'accredito figurativo di contribuzione. Ebbene, se anche nel caso di specie si è costituito un rapporto giuridico coattivo nell'ambito del servizio militare obbligatorio mediante la presentazione dell'interessato alla chiamata (fattispecie che consente la qualificazione del soggetto come militare), il rifiuto di indossare la divisa ha impedito di fatto che si costituisse un rapporto di servizio effettivo, ossia l'elemento che da solo giustifica l'equiparazione del servizio militare allo svolgimento di attività lavorativa ed il conseguente accredito di contribuzione. Secondo la Cassazione l'effettività del servizio consiste in una «…relazione funzionale - tra soggetto obbligato e Amministrazione – che implica la partecipazione del medesimo al conseguimento dei fini pubblici, previo il suo inserimento nell'apparato organico dell'ente» (così la sentenza cit., riportando il contenuto anche di Cass. Sez. Unite, n. 3040/2013). L'elemento decisivo è poi rappresentato dal fatto che l'interessato non abbia espresso la volontà di adempiere agli obblighi di leva mediante la richiesta alternativa di svolgimento di servizio militare non armato o di servizio civile sostitutivo, anche se implicante l'assolvimento del relativo obbligo per un periodo superiore rispetto a quello ordinario armato. Oltretutto, la legge consentiva la manifestazione di tale opzione anche in presenza della sentenza di condanna per disobbedienza (art. 12 l. n. 772/1972), con la conseguenza che il periodo di detenzione eventualmente sofferto sarebbe stato considerato come equivalente al servizio militare effettivo, e i mesi di carcerazione sarebbero stati computati in diminuzione della durata prescritta per il servizio militare non armato o per il servizio sostitutivo civile. Il fatto che invece tale volontà non sia stata in alcun modo espressa non dimostra, secondo la Corte, una semplice avversione verso il “mondo militare” ma anche e soprattutto un rifiuto (la sentenza usa il termine avversione) verso i doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 della Costituzione: sotto questo profilo la scelta di non consentire l'accredito di contribuzione appare pienamente legittima e coerente con il sistema di doveri e di responsabilità che caratterizza prima di tutto il fatto di essere cittadino, al di là di ogni scelta (comunque legittima) di svolgere o non svolgere servizio militare armato in presenza di un obbligo di leva generalizzato.

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