Contenzioso

Il contenuto sindacale e il contesto conflittuale legittimano la critica aspra

di Serena Fantinelli e Uberto Percivalle

È il principio ribadito dalla Cassazione con la sentenza 3484/2017 del 9 febbraio. La Corte è stata chiamata a valutare la legittimità del licenziamento irrogato a un dipendente che, in occasione di una controversia sindacale di rilievo nazionale, peraltro riguardante un diverso stabilimento da quello in cui lavorava, aveva inviato a 44 colleghi, utilizzando l'indirizzo di posta elettronica dell'azienda, una mail contenente frasi ritenute offensive verso l'azienda, quali “i ricatti posti in essere … nei confronti dei lavoratori…”. Il dipendente licenziato aveva altresì allegato all'email un comunicato che asseriva essere stato scritto da altri dipendenti e parimenti ritenuto offensivo (vi si esortavano i colleghi a “resistere e sabotare l'azienda che ci ha dissanguati per anni ed ora ci sputa addosso”).

La Corte d'appello aveva ritenuto la mail espressione di un legittimo esercizio del diritto di critica, di libertà di opinione, e di attività sindacale, come tale tutelati dalla Costituzione e dallo Statuto dei lavoratori, reputando irrilevante il fatto che il lavoratore non fosse un rappresentante sindacale. Secondo la Corte, considerata la rilevanza nazionale della vicenda e il grado di mobilitazione che ne era susseguito, le espressioni utilizzate dal lavoratore andavano viste nel contesto di conflittualità derivatone e tenendo conto del numero ridotto di destinatari, tutti colleghi ritenuti capaci di contestualizzare il contenuto. Altresì lecito inoltre, doveva essere considerato l'utilizzo della posta elettronica, trattandosi di una questione relative a vertenze sindacali, non a vicende di carattere personale.

La Cassazione ha confermato l'impianto motivazionale della Corte di appello e la conseguente declaratoria di illegittimità del licenziamento. Ad avviso dei giudici il lavoratore, pur non essendo un rappresentante sindacale, era pur sempre un “esperto sindacale”, ed aveva quindi legittimamente espresso le sue critiche “non per fini personali, essendo coinvolto maggiormente nella dialettica sindacale aziendale in un momento di particolare conflittualità”. Interessante la sottolineatura della “…salvaguardia del normale svolgimento dell'attività aziendale” dato che l'email era stato inviato “a soli tre minuti dalla pausa pranzo, ossia in orario … prossimo alla sospensione dell'attività…”

Anche il mezzo utilizzato era da considerarsi lecito: incensurabile, quindi, la decisione circa la legittimità dell'utilizzo della posta elettronica aziendale, sia per l'esistenza di “una prassi aziendale che consentiva l'utilizzo della posta elettronica per comunicazioni di carattere sindacale”, sia perché tale invio poteva essere paragonato alle comunicazioni sindacali effettuate attraverso l'affissione o attraverso il volantinaggio.

Non è la prima e non sarà l'ultima pronuncia ad intervenire sul difficile tema dei confini del diritto di critica, specie se qualificato da attività sindacale. Il fatto che la Corte, a fianco delle motivazioni specifiche, alleghi anche ragioni processuali per respingere il ricorso, forse palesa l'esitazione nell'approvazione di critiche espresse facendo ricorso a parole che forse non si vorrebbero mai sentire, a prescindere dal contesto e dai destinatari. Molto interessante (anche se purtroppo anche questa incisa da ragioni processuali prevalenti) l'assimilazione delle email all'affissione e al volantinaggio, sempreché non consumino tempo lavorativo.

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