Contenzioso

Contestazione necessaria in via preventiva

di Daniele Colombo

ll licenziamento per scarso rendimento è stato classificato dai giudici sia come un recesso per giustificato motivo soggettivo, sia come giustificato motivo oggettivo.

La differenza non è solo giuridica: dalla sua classificazione dipendono due distinte procedure previste dalla legge per giungere all’intimazione del licenziamento stesso.

Per giustificato motivo soggettivo, infatti, il licenziamento dovrà essere preceduto dal rispetto delle garanzie procedurali di cui all’articolo 7 della legge 300/1970, ovvero dalla contestazione, termine a difesa e successiva sanzione. Nel caso di recesso per giustificato motivo oggettivo, invece, dovrà essere osservata la procedura di conciliazione (articolo 7 della legge 604/66), in tutti i casi tranne che per i contratti a tutele crescenti.

La Corte di cassazione, riprendendo un orientamento consolidato, ha affermato che il licenziamento per scarso rendimento deve essere annoverato tra i recessi per giustificato motivo soggettivo (Cassazione 22 novembre 2016, n. 23735).

La fattispecie dello scarso rendimento, infatti, costituisce un’ipotesi di licenziamento del datore di lavoro per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali che presuppone la colpa del lavoratore (nello stesso senso Cassazione 16472/2015). I giudici quindi hanno escluso la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento quando, al di là di ogni riferimento alle ragioni dell’impresa, il licenziamento sia fondato su un comportamento riconducibile alla violazione di doveri contrattuali.

Ma l’orientamento prevalente è stato messo in discussione da alcune sentenze di legittimità (Cassazione 18678/2014) e di merito (Tribunale di Milano 19 gennaio 2015) a proposito del licenziamento (per motivi oggettivi) di un lavoratore per assenze reiterate che, sommate, non sforavano il periodo di comporto. Lo scarso rendimento, infatti, secondo queste decisioni, sarebbe suscettibile di essere qualificato come giustificato motivo oggettivo ogni qual volta, anche senza la colpa del dipendente, la sua incapacità di svolgere proficuamente la prestazione determini la perdita dell’interesse per il datore di lavoro alla prosecuzione del rapporto. Questi orientamenti contrastanti non giovano alla certezza del diritto: nell’ipotesi di giustificato motivo soggettivo, potrà accadere che il giudice non ravvisi un grado di colpa abbastanza grave da giustificare la sanzione massima del recesso; mentre seguendo la via del giustificato motivo oggettivo, può accadere che il difetto di rendimento venga considerato rientrante nel normale “rischio d’impresa” oppure che il licenziamento sia annullato in quanto “sostanzialmente disciplinare” e, pertanto, viziato sul piano formale.

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