Contenzioso

La protesta in chat non giustifica la fine del franchising

di Marisa Marraffino

Creare un gruppo «WhatsApp» di protesta contro l’aumento delle royalty del franchisor non costituisce una violazione del contratto di franchising così grave da legittimare la cessazione immediata del rapporto. A stabilirlo è il Tribunale di Firenze che ha accolto il ricorso d’urgenza di un personal trainer contro il centro fitness che da un giorno all’altro gli aveva impedito l’ingresso in palestra a causa del comportamento scorretto tenuto in chat (ordinanza del 4 aprile 2017, giudice Guida).

Per il giudice creare gruppi di protesta online rappresenta «una chiara manifestazione della libertà d’espressione e di critica che l’ordinamento riconosce a ogni individuo, cui deve essere assicurato il potere di estrinsecarle, senza timore di ripercussioni di sorta da parte del destinatario».

Vale la pena rilevare che il contenuto della chat non superava i limiti della continenza espressiva e che l’autore non aveva utilizzato toni eccessivamente polemici o diffamatori. L’uso dei messaggi di gruppo per criticare il proprio lavoro è ormai entrato nel mirino dei tribunali con sentenze che di volta in volta ridisegnano i limiti della libertà di espressione. A salvarsi sono soprattutto i contenuti neutri che non sfociano in invettive o allusioni ingiustificate.

L’ordinanza del Tribunale di Firenze si segnala anche per aver affrontato l’aspetto di tutela della riservatezza delle corrispondenze private all’interno dei giudizi civili. Per il giudice infatti risulta addirittura «invasiva della privacy altrui e più in generale di tutti i partecipanti della chat l’acquisizione delle altrui conversazioni di gruppo da parte di un soggetto estraneo», quale è appunto il franchisor.

Le chat sono però utilizzabili e producibili in giudizio quando il diritto di difesa prevale sul diritto alla inviolabilità della corrispondenza in virtù del generale principio di cui all’articolo 51 del Codice penale (Corte di cassazione, sentenza 21612 del 20 settembre 2013). Nel caso esaminato, per il Tribunale di Firenze il contenuto della chat non era così importante da superare il diritto alla riservatezza di terzi non coinvolti nel giudizio.

L’ordinanza si sofferma, poi, anche sull’aspetto del calcolo del preavviso in tutti i casi in cui il contratto di franchising sia a tempo indeterminato e non lo preveda espressamente. Per il giudice occorre rifarsi alla disciplina prevista dall’articolo 1750 del Codice civile per il contratto di agenzia. Se non sussiste un giustificato motivo, tale da legittimare il recesso straordinario immediato, occorrerà tenere conto di una serie di parametri, come la durata del rapporto, l’aspettativa della controparte, gli eventuali investimenti sostenuti. Come parametro, il giudice suggerisce di valutare un mese di preavviso per ogni annualità di rapporto. In caso contrario si tratterebbe di un contratto «disarmonico e asimmetrico rispetto ai diritti delle parti». Nelle ipotesi di inadempimento contrattuale si applicherà semmai l’istituto della risoluzione del contratto e non del recesso senza preavviso.

Tribunale di Firenze, ordinanza del 4 aprile 2017

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