Contenzioso

Cassa forense, legittimo il contributo minimo

di Federica Micardi

Il contributo minimo previsto dalla Cassa forense è legittimo e dovuto. È quanto ha deciso il tribunale di Roma, sezione lavoro, giudice Daniela Bracci, nella sentenza 4805 depositata il 22 maggio che ha «respinto perché infondato» il ricorso presentato contro l’articolo 21 della legge di riforma dell’Ordinamento della professione forense (legge 247/2012).

Nessuna via d’uscita, quindi, per quegli avvocati che, prima della riforma dell’ente (anno 2012) non erano obbligati a iscriversi a Cassa forense perché con un reddito inferiore a 10mila euro l’anno (circa 60mila soggetti).

Oggetto del ricorso sono i commi 8 e 9 dell’articolo 21; il comma 8 sancisce l’obbligo per gli iscritti all’Albo di iscriversi anche alla Cassa di previdenza della categoria, mentre il comma 9 chiede alla Cassa di predisporre, entro un anno, un nuovo regolamento che determini «i minimi contributivi dovuti nel caso di soggetti iscritti senza il raggiungimento di parametri reddituali».

Nel ricorso si sollevano dubbi sulla legittimità costituzionale del contributo minimo scollegato da parametri reddituali; la sentenza, però, non rileva violazioni di disposizioni costituzionali, e in merito al contributo minimo sottolinea come questo risponda alle esigenze solidaristiche della categoria e sia volto ad assicurare un trattamento previdenziale minimo anche in presenza di redditi modesti, «mentre , affrancare da detto obbligo taluni professionisti - si legge nella sentenza - determinerebbe un ingiustificato slittamento dell’obbligo contributivo complessivo in capo soltanto ad alcuni professionisti».

Non rileva neppure il fatto che Cassa forense abbia impiegato più di un anno a predisporre il nuovo il regolamento- eccezione sollevata dal ricorrente - dato che si trattava di un termine ordinatorio e non perentorio.

Il ricorso sottolinea anche il mancato rispetto dell’articolo 23 della Costituzione, perché viene demandato alla Cassa, senza darle indicazioni e limiti, di stabilire il quantum della contribuzione. Per il giudice, invece, la Cassa, avendo l’obbligo di sottoporre ad approvazione ministeriale ogni propria delibera, non può agire arbitrariamente; inoltre, tra i compiti propri dell’ente di previdenza, c’è l’obbligo di assicurare l’equilibrio di bilancio adottando i provvedimenti necessari: per le Casse ne risulta una «sostanziale delegificazione» affidata dalla legge alla loro autonomia.

L’ultimo punto sollevato nel ricorso - e respinto - riguarda la violazione del diritto comunitario da parte del regolamento di Cassa forense in merito alla libera concorrenza .

Secondo la sentenza, l’obbligo di iscrizione alla Cassa non è un ostacolo alla concorrenza né crea discriminazioni tra gli operatori della stessa categoria professionale «una volta accertato che tale iscrizione è obbligatoria per tutti costoro», questa posizione è ulteriormente rafforzata dal fatto che il regolamento di Cassa forense prevede una disciplina di favore per chi si trova in condizioni economiche meno favorevoli per minore volume di attività e per minore anzianità di iscrizione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©