Contenzioso

Iscrizione a ruolo e accertamento del debito contributivo

di Silvano Imbriaci

Il tema, sempre attuale, dei rapporti tra iscrizione a ruolo dei crediti contributivi in vista della formazione della cartella di pagamento (avviso di addebito per le entrate Inps) e le azioni giudiziali di accertamento dello stesso debito contributivo è affrontato in questa sentenza della sezione lavoro (14875/2017) sotto il profilo della diversità degli enti previdenziali (Inps e Inail) interessati ad accertare i presupposti di fatto e di diritto alla base dell'obbligo contributivo.

Da un punto di vista generale esiste una specifica norma che regola i rapporti tra iscrizione a ruolo e accertamento del debito, in fase amministrativa e/o giudiziale. L'articolo 24 del Dlgs 46/1999 (applicabile anche agli avvisi di addebito Inps) prevede espressamente che in caso di impugnazione dell'accertamento effettuato dall'ufficio davanti all'autorità giudiziaria, l'iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice, mentre in caso di gravame amministrativo contro l'accertamento effettuato dall'ufficio, l'iscrizione a ruolo è eseguita dopo la decisione del competente organo amministrativo e comunque entro i termini di decadenza previsti dal successivo articolo 25.

Nel caso in esame, la particolarità è data dal fatto che l'accertamento oggetto dell'impugnazione era quello disposto dall'Inps sulla base di un verbale ispettivo della direzione del lavoro, mentre l'iscrizione a ruolo era stata posta in essere dall'Inail per il recupero di premi assicurativi dovuti dallo stesso datore di lavoro. Occorre quindi verificare se per accertamento dell'ufficio capace – se impugnato - di inibire l'iscrizione a ruolo debba intendersi accertamento dello stesso ufficio che ha proceduto al recupero in via esattoriale dei contributi o anche di altro ente, purché relativo al verbale che ha accertato la situazione in fatto da cui trae origine l'obbligo contributivo a carico degli enti.

Sul punto la Cassazione in un recente caso (sezione lavoro 4032/2016, ma anche 12333/2015), aveva rilevato che l'iscrizione a ruolo dei crediti degli enti previdenziali è subordinata all'emissione di un provvedimento esecutivo del giudice ove l'accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all'autorità giudiziaria, senza distinguere se esso sia eseguito dall'ente previdenziale ovvero da altro ufficio pubblico e senza richiedere la conoscenza, da parte dell'ente creditore, dell'impugnazione proposta.

La Cassazione conferma il precedente, in quanto l'articolo 24 non fa alcuna distinzione tra accertamento eseguito dall'ente previdenziale e accertamento operato da altro ufficio; e non vi è alcuna necessità di interpretare tale disposizione in senso restrittivo, ponendo ulteriori condizioni limitative che in realtà non si desumono dalla lettura del testo.

Del resto, il principio era stato già evidenziato dalla Cassazione anche con la sentenza 8379/2014 (vedi anche le 8451 e 8452/2014), che aveva interpretato la regola prevista dal terzo comma dell'articolo 24 nel senso che l'accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall'ente previdenziale, ma anche quello operato da altro ufficio pubblico come l'agenzia delle Entrate, né è necessario, ai fini della non iscrivibilità a ruolo, che, in quest'ultima ipotesi, l'Inps sia messo a conoscenza dell'impugnazione dell'accertamento innanzi al giudice tributario (non è elemento che giustifica l'operato dell'ente).

Nessuna rilevanza ha il profilo della conoscibilità della pendenza dell'accertamento negativo, in quanto anche questa circostanza è estranea al testo normativo e non trova alcuna giustificazione un'interpretazione orientata in questo senso. Resta semmai da chiarire meglio che cosa la norma intenda per provvedimento esecutivo, se debba cioè farsi riferimento ad un qualunque provvedimento giudiziale dotato di efficacia esecutiva (nel caso specifico anche e soprattutto l'ordinanza), oppure alla sentenza di primo grado o, infine, a un provvedimento definitivo, non più impugnabile, non spiegandosi, in questo caso, il motivo per cui la norma non lo abbia espressamente richiesto.

Se guardiamo però agli effetti che sul piano processuale può avere l'accertamento di un impedimento per l'ente di iscrivere a ruolo il credito, essi sono più marginali di quanto non sembri. Infatti, pur essendo preclusa la strada dell'iscrizione a ruolo, il giudice non può sottrarsi all'accertamento nel merito della fondatezza della pretesa contributiva, così come nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l'opposizione dà luogo ad un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione.

Il giudice dell'opposizione ex articolo 24 del Dlgs 46/1999 non può dunque limitarsi a dichiarare, una volta che la riscontri, l’illegittimità del ruolo, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda, con la conseguenza che gli eventuali vizi formali della cartella e del procedimento di iscrizione a ruolo comportano per l'ente previdenziale l'impossibilità di avvalersi di quel titolo, ma non di ottenere una sentenza sulla fondatezza o meno della propria pretesa contributiva. Per questo la sentenza può affermare, con un suggestivo passaggio logico, che il Dlgs 46/1999 in realtà consente agli enti previdenziali (e solo ad essi per i contributi e premi di cui siano creditori) di procedere all'iscrizione a ruolo anche in mancanza di un titolo esecutivo, che invece è necessario per tutti gli altri soggetti, come prescritto dall'articolo 21 dello stesso decreto.

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