Contenzioso

Vincolo di subordinazione se il progetto coincide con l’oggetto sociale

di Mauro Pizzin


Nella collaborazione a progetto quest'ultimo non può consistere nella mera riproposizione dell'oggetto sociale del committente e, dunque, nella previsione di prestazioni a carico del lavoratore coincidenti con l'ordinaria attività aziendale.

Ribadendo questo principio la Corte di cassazione, con la sentenza 19975/2017, depositata ieri, ha confermato l'insussistenza del progetto nel caso di 12 lavoratrici a progetto adibite da una ditta a mansioni di telefoniste per la vendita di prodotti cosmetici, ravvisando nella loro prestazione – come aveva già stabilito la Corte di appello di Firenze in riforma della sentenza di primo grado – altrettanti rapporti di lavoro subordinato in applicazione dell'articolo 69, comma 1, del Dlgs 276/2003. La causa era stata avviata dall'Inps dopo un accertamento ispettivo che aveva portato alla richiesta del pagamento dei contributi per il periodo febbraio 2003-novembre 2006.

Nel caso specifico, secondo i giudici di legittimità nonostante il nomen juris adottato dalle parti era da escludere la configurabilità di un lavoro a progetto, mentre era da ravvisare la subordinazione del lavoratore, tenuto a promuovere e vendere quotidianamente un predeterminato numero minimo di prodotti. L'attività in questione, in definitiva, coincidendo puramente e semplicemente con l'oggetto dell'impresa difettava di quella “specificità” che la legge richiede quale connotato essenziale nel progetto, alla base della forma negoziale in esame, nonché l'autentico coordinamento con l'attività dell'impresa medesima.

Nella sentenza 19775/2017 semaforo rosso anche su un'ulteriore tesi della ditta ricorrente, secondo cui la Corte d'appello avrebbe dovuto ridurre il quantum richiesto dall'Inps in ragione del numero di ore effettivo prestato della telefoniste, una questione che per i giudici di legittimità andava sollevata nel corso del giudizio di primo grado. La mancata o generica contestazione in primo grado – ha concluso la Corte, citando sul punto anche la Cassazione 10116 del 18 maggio 2015 – rende i conteggi accertati in via definitiva, vincolando in tal senso il giudice e la contestazione successiva in grado d'appello è tardiva e inammissibile.

La sentenza n. 19975/17 della Corte di cassazione

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