Contenzioso

«Collettivi» con platea limitata

di Massimiliano Biolchini e Maddalena Lebro

Con la sentenza n. 20335/17, depositata ieri, la Cassazione, torna, in modo piuttosto discutibile, sul tema estremamente delicato dell’identificazione dei lavoratori coinvolti in una procedura di licenziamento collettivo e della applicazione dei criteri di scelta .

Il caso di specie muove dall’impugnazione da parte di alcuni lavoratori di un provvedimento di licenziamento collettivo, fondata sull’asserita illegittimità formale della procedura con riguardo all’indicazione dei criteri di scelta utilizzati, nonché alle modalità di applicazione degli stessi. Il punto centrale delle doglianze mosse dai ricorrenti verteva sul grado di specificità delle comunicazioni previste dall’articolo 4 della Legge 223/91, le quali rispondono all’esigenza di rendere trasparente e sindacabile il percorso logico-giuridico seguito dal datore di lavoro per l’individuazione dei soggetti in esubero.

La sentenza in esame si colloca sulla scia di quell’orientamento di legittimità, tutt’altro che pacifico (vedi Cass., sez. lav., n. 2255 del 16 febbraio 2012), che ha riconosciuto la possibilità per il datore di lavoro di limitare la scelta (rectius comparazione) dei lavoratori licenziandi. In particolare, è stato ritenuto ammissibile il restringimento della platea dei lavoratori coinvolti ai soli addetti a uno specifico ramo o settore, escludendo un obbligo di confronto con tutti i profili professionali presenti nel «complesso aziendale». Ecco quindi che assume enorme rilevanza la formulazione, nonché completezza, della comunicazione di avvio, che costituisce il punto di riferimento per lo sviluppo (formale e sostanziale) dell’intera procedura.

Nella pronuncia in oggetto i giudici sembrano tuttavia superare il predetto orientamento laddove evidenziano come non sussista alcun obbligo in capo al datore di lavoro di fornire all’interno della comunicazione di avvio della procedura una descrizione completa circa la situazione di tutti i dipendenti impiegati dall’impresa, ma al contrario solo di coloro che siano coinvolti nel licenziamento collettivo. Sembrerebbe così darsi facoltà al datore di lavoro di circoscrivere senza limitazioni la platea dei lavoratori, che ben potrebbe riferirsi (come nella fattispecie in esame) addirittura ai soli «addetti a particolari mansioni». La conseguenza di questo ragionamento, alquanto paradossale, sarà quella di limitare ai soli lavoratori così individuati l’applicazione degli eventuali accordi raggiunti in sede sindacale o l’applicazione dei criteri di scelta dettati dalla legge.

Da quanto precede discende la stretta correlazione tra il contenuto della comunicazione di avvio della procedura e quella finale, ove devono essere indicate le specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta, ma non vi sarebbe alcun obbligo di effettuare una comparazione tra i lavoratori interessati dalla riduzione di personale e quelli estranei alla platea dei lavoratori identificata nella comunicazione introduttiva. Sempre secondo la sentenza in commento, sul datore di lavoro graverà solo l’onere di allegare i criteri utilizzati nonché la prova della loro piena applicazione, mentre sarà il lavoratore che impugni il licenziamento a dovere dimostrare l’illegittimità della scelta datoriale, con onere di indicare puntualmente i lavoratori nei confronti dei quali la scelta avrebbe dovuto essere realizzata.

La sentenza n. 20335/17 della Corte di cassazione

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