Contenzioso

Mancato versamento di tributi: la forza maggiore può evitare la sanzione

di Salvatore Servidio

La Corte di cassazione, con l'ordinanza 22 settembre 2017, numero 22153, analizza la sussistenza o meno delle cause di forza maggiore nel caso di un mancato pagamento di imposte da parte di una società contribuente.

Il caso
La vicenda trattata dalla Cassazione prende le mosse da una società che non aveva versato l'Iva in quanto si era improvvisamente trovata in condizioni di crisi di liquidità. Era quindi stata emessa la cartella di pagamento con interessi e sanzioni.
La commissione tributaria provinciale ma anche la commissione regionale avevano parzialmente accolto il ricorso dichiarando non dovuti interessi e sanzioni conseguenti al ritardato pagamento, stante la sopravvenuta impossibilità della prestazione e la mancanza dell'elemento colposo.
Nel conseguente ricorso per Cassazione l'ente impositore critica l'operato della sentenza di merito per avere erroneamente applicato l'articolo 6 del Dlgs 472/1997 che al comma 5 dispone che «non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore», posto che nella specie non potesse considerarsi "forza maggiore" la situazione di difficoltà economica in cui si versava l'agente.


Esito di legittimità
La Suprema corte, in questa sede, ha condiviso la tesi erariale, accogliendo il ricorso dell'Ammministrazione, in quanto il giudice di secondo grado aveva identificato la ragione del mancato pagamento nella temporanea mancanza di liquidità conseguente a diversi contenziosi di rilevante contenuto economico.
Occorre allora vedere se tale assunto è o meno in linea con il concetto di forza maggiore, richiamato nell'articolo 6 del Dlgs 472/1997.
Secondo la sezione tributaria la risposta è negativa. Almeno se tale concetto di forza maggiore venga interpretato in modo conforme a quello elaborato dalla giurisprudenza comunitaria. Infatti, con la sentenza C/314/06 del 18 dicembre 2007 (conforme anche sentenza 18 gennaio 2005 causa C-325/03), la Corte di giustizia europea ha specificato che la nozione di forza maggiore, in materia tributaria, comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all'operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall'obbligo dell'interessato di premunirsi contro le conseguenze dell'evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi. La nozione di forza maggiore, per altro verso, non si limita all'impossibilità assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l'adozione di tutte le precauzioni possibili (Corte di giustizia 15 dicembre 1994 causa C-195/91; id., 17 ottobre 2002, causa C-208/01).
Pertanto, secondo la Suprema corte, la forza maggiore si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talché essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, come una esimente poiché il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile al contribuente, nonostante le cautele adottate.
Tale definizione arieggia quella dell'articolo 45 del codice penale, secondo cui la forza maggiore è la cosiddetta vis maior cui resisti non potest, cioè quella forza esterna che determina la persona a compiere un'azione cui questa non può opporsi.

Conclusioni
In conclusione, nella vertenza trattata, è imputabile alla commissione tributaria regionale il fatto che, nel procedimento di accertamento di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta di forza maggiore legislativamente tipizzata, non ha esaminato il caso particolare alla stregua degli orientamenti giurisprudenziali sopra citati (si veda anche Cassazione 4 febbraio 2014, n. 5467, secondo cui la crisi di liquidità dell'azienda non scrimina il ritardo nel versamento delle imposte; l'imprenditore sfugge alla responsabilità penale sono se dimostra che la mancanza di liquidità é totalmente indipendente dalla sua volontà), omettendo ogni indagine sull'elemento soggettivo nonché sui profili dell'elemento oggettivo caratterizzanti l'imprevedibilità ed irresistibilità degli eventi che avevano impedito il pagamento dei tributi e sull'adozione di idonee precauzioni per evitare la situazione venutasi a creare.
Di sicuro, dunque, la perdita di commesse da parte dei clienti e le conseguenti cause, non legittimano l'azienda a non pagare le imposte.
Sicché, in definitiva, se non interviene la descritta esimente, l'azienda è tenuta, oltre al pagamento delle imposte a debito, anche delle relative sanzioni e interessi di mora.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©