Contenzioso

Il contratto collettivo può dare regole alla flessibilità interna

di Stefano Rossi

La flessibilità aziendale deve passare attraverso la contrattazione collettiva, altrimenti si rischia il ritorno del principio dell’equivalenza professionale. È l’effetto che può produrre il nuovo articolo 2103 del Codice civile riscritto dall’articolo 3 del Dlgs 81/2015, in vigore dal 7 marzo 2015, ma applicabile anche ai lavoratori assunti in precedenza.

La disposizione precedentemente in vigore, infatti, stabiliva dei limiti alla flessibilità organizzativa interna delle imprese, che si sono rivelati un problema, in alcune situazioni, per gli effetti della crisi economica e per l’esigenza di ristrutturazioni o riorganizzazioni aziendali.

Dopo l’intervento di riforma dell’articolo 2103 del Codice civile avvenuto con l’articolo 13 dello Statuto dei lavoratori, sia la giurisprudenza, sia la contrattazione collettiva hanno cercato di scardinare la rigidità della norma, con la dilatazione della nozione di equivalenza professionale e una maggiore fungibilità del lavoratore.

Il Dlgs 81/2015 è così intervenuto su due fronti:
• ha eliminato il criterio dell’equivalenza delle mansioni;
• ha attribuito nuovo vigore al ruolo della contrattazione collettiva.

In base alla nuova norma, il lavoratore deve essere adibito alle mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. Si può allora notare come il potere di variazione del datore di lavoro, in assenza di una specifica declaratoria professionale del contratto collettivo, si dovrà comunque conformare a un criterio di valutazione che tenga conto del valore delle mansioni nuove rispetto alle «ultime effettivamente svolte». In questo modo, il criterio dell’equivalenza professionale, abbandonato dal legislatore, potrebbe tornare attraverso l’interpretazione della magistratura.

L’assenza di una contrattazione collettiva di riferimento riveste particolare importanza anche nell’individuazione delle ipotesi di demansionamento. Il legislatore infatti non ha previsto alcuna durata per la quale il lavoratore possa essere adibito a mansioni inferiori. Quindi, l’autonomia collettiva a qualsiasi livello, anche aziendale, dovrà regolamentare le ulteriori ipotesi di demansionamento, anche riguardo ai limiti temporali dello spostamento del dipendente. Un altro spazio riservato alla contrattazione collettiva è la determinazione del periodo necessario per riconoscere al lavoratore il diritto alla promozione automatica. Infatti, le previsioni collettive possono prevedere un termine maggiore o minore di sei mesi per l’assegnazione definitiva di mansioni superiori. In definitiva, il ruolo della contrattazione collettiva è quello di individuare all’interno dei livelli di inquadramento, mansioni fungibili capaci di garantire una più agevole mobilità del lavoratore, con lo scopo di restringere i margini interpretativi dei giudici.

Il contratto collettivo specifico dei gruppi Fca e Cnh Industrial 2015-2018 ha del resto previsto che «in generale resta fermo il rispetto del principio giurisprudenziale della compatibilità professionale», recuperando così il parametro dell’equivalenza e finendo per rivalutare la funzione interpretativa del giudice.

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