Contenzioso

Anche sui neo-assunti il recesso illegittimo «apre» alla reintegra

di Daniele Colombo

La distinzione tra inefficacia e nullità del licenziamento intimato durante il periodo di conservazione del posto per malattia trova le sue radici nella sostanziale assenza di una sanzione prevista dalla legge. L’articolo 2110 del Codice civile, infatti, non contiene riferimenti alle conseguenze del licenziamento intimato durante il periodo protetto.

L’ingresso della obbligatorietà della giustificazione del licenziamento (legge 604/66) non ha colmato la lacuna: non è infatti prevista una sanzione ad hoc in caso di licenziamento intimato in costanza di malattia.

Neanche con l’approvazione del nuovo testo dell’articolo 18 della legge 300/1970 (introdotto dalla legge «Fornero») il legislatore ha inteso assegnare inequivocabilmente alla fattispecie del recesso durante il periodo di comporto lo scudo della nullità (articolo 18, comma 1). L’articolo 18, comma 7, prevede l’applicazione del regime della reintegrazione “attenuata” (ossia con un’indennità risarcitoria limitata a 12 mensilità) , ma questa disciplina si applica nei casi di violazione dell’articolo 2110 del Codice civile. Ciò, quindi, presuppone che il recesso sia stato intimato a causa della malattia e non durante il periodo sospensivo.

La questione si è complicata ulteriormente con l’approvazione del Dlgs 23/2015 sul contratto a tutele crescenti. Anche in questo caso, infatti, il legislatore non ci ha fornito indicazione utili con riferimento al binomio licenziamento-malattia. Sebbene la disciplina della reintegrazione sia estesa ai casi di difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica, anche in base agli articoli 4 comma 4 e 10 comma 3 della legge legge 68/1999, nessun richiamo viene fatto all’articolo 2110 del Codice civile e alla sua violazione. Si potrebbe sostenere che la disabilità fisica o psichica porti con sé anche la malattia, ma questa tesi urta con la circostanza che disabilità e malattia (concetti ben conosciuti dal legislatore) sono tra loro del tutto differenti.

Le conclusioni della Cassazione su questo tema, quindi, saranno importanti, perché finiranno per “colmare” il vuoto legislativo, specialmente per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del contratto a tutele crescenti). Qualora sia accertato che il licenziamento intimato in costanza di malattia sia nullo (ossia totalmente improduttivo di effetti), si aprirebbe la strada della tutela reintegratoria del lavoratore anche nel regime delle tutele crescenti, per effetto dell’articolo 2 comma 2 del Dlgs 23/2015, che prevede ancora la reintegra in tutti i casi di nullità espressamente previsti dalla legge. Se così fosse, la conseguenza sarebbe l’estensione della tutela reintegratoria al licenziamento illegittimo del lavoratore assunto a tutele crescenti, sebbene nelle intenzioni del legislatore, questa sanzione dovesse essere residuale.

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