Contenzioso

Niente indennità di cessazione tra contratti d’agenzia consecutivi

di Uberto Percivalle e Alessia Raimondo

Alla scadenza di un contratto di agenzia a tempo determinato, l'agente non ha diritto all'indennità di cessazione prevista dall'articolo 1751 del codice civile, né alle corrispondenti indennità degli accordi economici collettivi, ove il rapporto prosegua, in forza di un nuovo contratto tra le parti, senza soluzione di continuità. Inoltre, la sostituzione integrale delle pattuizioni del precedente contratto, ivi comprese quelle limitative della concorrenza, con quelle di un contratto che non preveda più alcuna simile limitazione, fa venir meno l'obbligo di riconoscere un'indennità corrispettiva della non concorrenza.

Lo ha affermato la Corte di appello di Milano con sentenza 1672/2017 (presidente relatore Chiarina Sala), confermando quanto già statuito in primo grado. Il collegio ha rilevato come la cessazione del “rapporto” sia requisito necessario ai fini della erogazione dell'indennità di cessazione, ma che tale cessazione non si verifica allorché venga a scadenza il contratto tra le parti e queste ne stipulino un altro senza soluzione di continuità.

In particolare la Corte di appello ha evidenziato come, nel caso in esame, non potesse in alcun modo configurarsi la cessazione del rapporto, posto che lo stesso era proseguito con le medesime modalità. A seguito della scadenza del primo contratto, infatti, il rapporto di agenzia era continuato, sin dal giorno successivo alla scadenza del contratto precedente, con un nuovo contratto, «avente medesimo oggetto tra le parti e per le medesime zone del precedente contratto».

Del pari la Corte ha ritenuto che all'agente non spettasse alcuna indennità per gli obblighi di non concorrenza previsti dal primo contratto. Secondo il collegio ciò deriverebbe, in primis, dal fatto che il nuovo contratto - che aveva integralmente sostituito il precedente - non prevedeva più alcun obbligo di non concorrenza post-contrattuale in capo all'agente.
In ogni caso, secondo la Corte di appello, nel caso specifico la debenza di un'indennità sarebbe esclusa anche ove si volesse ammettere la sussistenza degli obblighi di non concorrenza in base al primo contratto. Ciò, secondo il collegio, a causa della «assenza di una specifica pattuizione tra le parti sul corrispettivo, avendo evidentemente l'agente aderito al patto di non concorrenza in ragione del complessivo trattamento economico pattuito».

La Corte richiama le decisioni della Cassazione 12127/2015 e 13796/2017: «la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale». In ragione di tale principio, secondo la Suprema corte le parti «possono espressamente convenire che all'obbligo di non concorrenza non sia correlato un corrispettivo, atto che la non specifica valorizzazione economica di tale obbligo può giustificarsi come conveniente nel contesto dell'intero rapporto di agenzia».

Nonostante il richiamo ai precedenti della Cassazione, la Corte d'appello di Milano sembra aver esplorato nuovi territori. Per un verso, laddove la Suprema corte faceva riferimento alla espressa deroga all'onerosità del patto di non concorrenza, nel caso in esame la volontà di deroga è stata desunta dalle circostanze, un esercizio non privo di difficoltà.

Per altro verso, l'argomento decisivo usato dalla Corte (ossia la sostituzione del precedente contratto con uno nuovo, senza limitazione di concorrenza) pare aver implicitamente toccato e risolto quello che, in realtà, è il vero nodo sostanziale di simili situazioni (anche oltre il contratto di agenzia), ossia la percepita iniquità a che possa essere dovuta una indennità di non concorrenza, quando il rapporto continui tra le stesse parti, sebbene in virtù di un contratto nuovo.

Sentenza 1672

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