Contenzioso

Protezioni collettive non obbligatorie

di Luigi Caiazza

Nei lavori in quota le misure di protezione collettive presentano carattere prioritario ma non imprescindibile. Esse devono essere necessariamente previste e adottate laddove quelle individuali risultino inadeguate.

Tale è il principio espresso dalla Corte di cassazione (quarta sezione penale) con la sentenza 5477/2018 depositata ieri, che ha accolto il ricorso avverso la sentenza di condanna del giudice di merito con la quale quest'ultimo aveva ritenuto la responsabilità degli imputati su un asserito obbligo generale e incondizionato di predisporre, in caso di lavori in quota, dispositivi di sicurezza collettivi in aggiunta a quelli individuali.

La Corte ha sottolineato che l'articolo 111 del Dlgs 81/2008 (testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) non impone, per i lavori temporanei in quota, l'adozione di protezioni collettive, sancendo invece solo il carattere prioritario e preferenziale delle stesse rispetto a quelle individuali.

Inoltre l'articolo 115 del testo unico stabilisce che nei lavori in quota, qualora non siano state attuate le misure di protezione collettiva, è necessario che i lavoratori utilizzino sistemi di protezione idonei per l'uso specifico composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, ma conformi alle norme tecniche. Ciò, secondo la Corte, conferma la possibile sufficienza dei soli dispositivi di sicurezza individuali.

Resta il fatto, però, che un lavoratore, dovendo scendere dalla copertura su cui si trovava, si è sganciato dal dispositivo retrattile a cui era agganciato per raggiungere la scala di accesso, ha appoggiato il piede sul lucernario che si è sfondato facendolo precipitare da una altezza di circa 3,5 metri, con lesioni guaribili in 200 giorni.

Con la stessa sentenza la Suprema corte, restando sempre nel campo di applicazione e delle responsabilità connesse con il testo unico sulla sicurezza, entra nel merito dei complessi obblighi del committente nei cantieri mobili e temporanei.

A fronte del complesso quadro normativo si è ritenuto che in tali cantieri gli obblighi del committente vadano tenuti nettamente distinti da quelli del coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori, il quale, secondo il disposto di legge, deve essere in possesso di specifici requisiti , tali da assicurare una competenza tecnica di cui, è evidente, il committente ne può essere privo. Quest'ultimo deve provvedere, invece, al controllo della materiale e regolare esecuzione, da parte del coordinatore, dei suoi compiti e non nella sua integrale sostituzione.

In particolare, conclude la sentenza, l'obbligo previsto dall'articolo 93 del testo unico, di verificare l'adempimento degli obblighi del coordinatore, tra cui quello di predisporre il piano di sicurezza e di coordinamento non può tradursi nella totale e piena responsabilità circa il contenuto di tale documento in quanto, da un lato, non vi sarebbe alcuna distinzione nelle posizioni e,dall'altro, il committente non può intromettersi nella redazione del piano, di cui risponde il coordinatore.

Di conseguenza la verifica comporta il controllo dell'elaborazione del documento e della sua non evidente e macroscopica inadeguatezza o illegalità.

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