Contenzioso

Legittimo il licenziamento ora per allora

di Angelo Zambelli

Un lavoratore licenziato per sopraggiunti limiti di età si è rivolto ai Giudici del lavoro affinché, previa l'eventuale declaratoria di illegittimità del licenziamento, riconoscessero il suo diritto al periodo di preavviso, contrattualmente pari a 10 mesi.

A sostegno della propria pretesa il ricorrente affermava che la risoluzione del rapporto, seppure destinata a produrre effetto solo al compimento del 65° anno di età del lavoratore, gli era stata comunicata con un anno di anticipo rispetto a tale data, e che pertanto il periodo di preavviso non sarebbe potuto decorrere in un periodo anteriore a quello in cui la datrice di lavoro avrebbe avuto diritto di recedere ad nutum dal rapporto di lavoro.

La Corte di appello di Milano, confermando la decisione resa dal Tribunale della stessa città, ha tuttavia ritenuto infondate tali doglianze, «atteso che il licenziamento era stato intimato in ragione dell'avvenuto compimento da parte del lavoratore del 65° anno di età […] e che non vi erano ostacoli a che il preavviso si svolgesse durante l'ultimo periodo di lavoro, pur se assistito da stabilità reale».

Nel decidere la controversia, la Cassazione, con la sentenza 6157/2018 depositata ieri, rammenta come in ambito privato (a differenza di quanto avviene nel lavoro alle dipendenze delle pubblicheaAmministrazioni) la tipicità e tassatività delle cause di estinzione del rapporto di lavoro escludono risoluzioni automatiche al raggiungimento di determinate età: dall'articolo 4 della legge 108/1990, infatti, si desume come il compimento dell'età pensionabile o la maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia determinino soltanto la recedibilità ad nutum dal rapporto di lavoro, e non già l'automatica estinzione dello stesso sicché, in assenza di un valido atto risolutivo del datore di lavoro, il rapporto prosegue anche successivamente a tali eventi (Cassazione 9312/2014).

Ne consegue che anche in caso di risoluzione del rapporto per limiti di età al datore di lavoro è imposto l'obbligo di preavviso (Cassazione 2339/2004).

Nel caso in esame, la risoluzione del rapporto di lavoro a causa del raggiungimento del limite di età era stata comunicata prima del compimento del 65º anno di età del dipendente, ma era destinata ad operare solo in tale momento. Pertanto, «non essendo stata seguita da allontanamento del lavoratore dal posto di lavoro, essa non costituisce licenziamento, difettando il presupposto della volontà di interrompere un rapporto in corso, ma piuttosto un semplice atto risolutivo, che, se è conforme alla contrattazione collettiva e se non è contestato dal destinatario con riguardo alla sua legittimità, non è sottoposto alla medesima normativa del licenziamento, sicché non si configura il diritto del lavoratore all'indennità di preavviso, tanto più che, in tale ipotesi, il preavviso è lavorato» (Cassazione 27425/2014).

In definitiva, conclude la Corte di legittimità, l'inizio del regime di recedibilità ad nutum attribuisce al datore il potere di far cessare senza necessità di giusta causa o di giustificato motivo il rapporto di lavoro, purché il lavoratore abbia avuto la possibilità di giovarsi del periodo di preavviso grazie ad una tempestiva intimazione del licenziamento, valida anche se resa in regime di recedibilità causale. Deve pertanto ritenersi legittimo un “licenziamento” che, «sebbene intimato in regime di recedibilità causale e privo di giustificazione, sia destinato a produrre effetto solo al raggiungimento del 65º anno di età del lavoratore e, quindi, in coincidenza del subentrare del regime di recedibilità ad nutum»: come dire, un recesso intimato “ora per allora” con preavviso lavorato nel frattempo.

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