Contenzioso

Tagli mirati solo del personale infungibile

di Angelo Zambelli

Con la sentenza n. 6147 del 14 marzo 2018 la Cassazione, confermando il proprio precedente n. 13698/15, si è nuovamente pronunciata sull'interpretazione dell'accordo sindacale che aveva concluso una procedura di licenziamento collettivo avviata nel 2007 da un'azienda farmaceutica.
L'accordo prevedeva che l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità sarebbe dovuta avvenire, «tenendo conto della constatata infungibilità professionale del personale», sulla base di tre criteri (sostitutivi rispetto a quelli previsti dall'articolo 5 della legge n. 223/91) tra cui la «volontà di non opporsi alla collocazione in mobilità da parte dei lavoratori che ricoprono posizioni eccedentarie … ovvero da altri lavoratori la cui posizione di lavoro sia ritenuta dalla società ricopribile - tenuto conto di particolari situazioni di fungibilità, capacità professionali ed esigenze organizzative - da lavoratori che occupano posizioni di lavoro dichiarate esuberanti» (punto “b)” dell'accordo).
In Cassazione la società ricorrente ha lamentato l'erroneità della sentenza di merito che aveva inteso l'infungibilità professionale del personale alla stregua di una «condizione di validità dei successivi criteri di scelta». A detta della società, infatti, il riferimento alla «constatata infungibilità professionale» del personale «precedeva l'elenco dei tre criteri, che dunque erano dirimenti circa la volontà delle parti, non potendosene aggiungere un quarto».
Di diverso avviso i giudici di legittimità, secondo cui la Corte d'appello aveva correttamente osservato che, essendovi nella premessa ai criteri di scelta pattizi un richiamo alla fungibilità o meno delle posizioni lavorative, richiamo contenuto anche alla lettera b) dell'accordo medesimo, «tale requisito doveva ritenersi compreso tra quelli voluti dalle parti sociali, nel senso che queste non intendevano escludere la comparazione tra i lavoratori fungibili, ma solo escluderla tra i lavoratori infungibili, e ciò anche in base alla stringente considerazione che se l'infungibilità tra i lavoratori fosse stata un imprescindibile presupposto di fatto, non avrebbe avuto senso introdurre tale criterio in sede di applicazione del detto punto b)».
La soluzione adottata dalla Corte di merito, insomma, non solo si è rivelata corretta sotto il profilo dell'ermeneutica contrattuale, ma si è altresì collocata in linea con quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità in materia di licenziamenti per riduzione del personale, ovvero che qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un'unità produttiva o ad uno specifico settore dell'azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Tuttavia il datore di lavoro «non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei - per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell'azienda - ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative» (ex plurimis, Cass. n. 18190 del 2016).

La sentenza n. 6147/18 della Corte di cassazione

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