Contenzioso

Rimedio economico anche con il contratto a tutele crescenti

di Daniele Colombo

Qual è l’impatto della sentenza 30985/2017 delle Sezioni unite della Corte di cassazione sul contratto a tutele crescenti disciplinato dal Dlgs 23/2015, applicabile ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015? Sebbene i principi espressi dalla Corte riguardino formalmente le conseguenze sanzionatorie per i lavoratori ai quali sia ancora applicabile l’articolo 18 della legge 300/1970, questi non potranno non avere riflessi anche nel caso di un licenziamento disciplinare di un prestatore di lavoro assunto a tempo indeterminato con l’applicazione delle regole contenute nel Jobs act.

Reintegra e tutele crescenti

In base all’articolo 3 del Dlgs 23/2015, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr, per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a quattro e non superiore a 24 mensilità.

Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione sulla sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore e a versare un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

Gli effetti del ritardo

Alla luce della giurisprudenza su questa materia, si deve escludere l’applicazione della sanzione della reintegrazione in caso di licenziamento intimato dopo una contestazione disciplinare consegnata al lavoratore oltre il termine previsto dalla contrattazione collettiva.

Allo stesso modo, si deve ritenere che la reintegra non trovi applicazione con il contratto a tutele crescenti nemmeno in caso di licenziamento disciplinare intimato al lavoratore a seguito di una contestazione notevolmente tardiva, perché sicuramente questo è un elemento estraneo rispetto alla insussistenza del fatto materiale di cui parla l’articolo 3 del Dlgs 23/2015, prevedendo la reintegra in caso di illegittimità del recesso.

Qualche dubbio, invece, desta il licenziamento intimato in assenza di una contestazione disciplinare preventiva, così come il recesso per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo fondato una contestazione generica. Alla luce delle sentenze pronunciate su questo tema per i lavoratori ai quali si applica l’articolo 18 della legge 300/1970, non si può escludere che lo stesso ragionamento sia riportato nel contratto a tutele crescenti, con la conseguenza che, in questi casi, potrebbero aprirsi le “porte” della reintegrazione nel posto di lavoro.

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