Contenzioso

Licenziato chi abbandona il posto di lavoro

di Massimiliano Biolchini e Lorenzo Zanotti

La Cassazione, con la sentenza n. 9121/18, depositata ieri, si pronuncia intorno al concetto di “abbandono del posto di lavoro”. Il fatto è semplice: un vigilantes, addetto al piantonamento fisso antirapina di una banca, durante il normale orario di lavoro si toglie il giubbotto antiproiettile e si reca nel bar di fronte all'ingresso della banca. La società datrice di lavoro lo licenzia in tronco per abbandono del posto di lavoro e omesso utilizzo del giubbotto antiproiettile, condotta, quest'ultima, già oggetto di numerosi precedenti disciplinari a carico del dipendente.
Chiamata a pronunciarsi sulla validità del licenziamento, la Corte d'appello di Firenze ha dato ragione al lavoratore, ritenendo il provvedimento espulsivo illegittimo in quanto sproporzionato. Per i giudici di merito, affinché si realizzi la fattispecie di abbandono del posto di lavoro, contemplata dal Ccnl di settore (Vigilanza Privata) quale ipotesi di giusta causa di recesso, occorre che «per modalità e tempi, l'agente si allontani in modo da favorire eventuali intrusioni non controllate». Senonché, nel caso di specie, ciò non sarebbe avvenuto, in quanto l'ingresso della banca risultava comunque visibile anche dal bar.
Di avviso contrario la Cassazione, secondo cui il licenziamento è legittimo. I giudici di legittimità hanno infatti evidenziato come la condotta di abbandono vada valutata non solo sul piano oggettivo, e cioè come «totale distacco dal bene da proteggere» - circostanza che, nel caso esaminato, poteva risultare dubbia, stante la vicinanza del bar alla banca - ma anche sotto il profilo soggettivo, da intendersi quale «coscienza e volontà» dell'abbandono «indipendentemente dalle finalità perseguite e salva la configurabilità di cause scriminanti, restando irrilevante il motivo dell'allontanamento». In questo senso, occorre tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, nonché di eventuali precedenti disciplinari del lavoratore, al fine di stabilire se il comportamento di quest'ultimo sia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione delle direttive datoriali e degli obblighi contrattuali secondo diligenza e buona fede.
La pronuncia in esame, pur non essendo isolata, sembra superare un diverso orientamento dei giudici di legittimità, i quali avevano, in altre precedenti occasioni (si veda, ad esempio, la sentenza n. 10015/16), posto l'accento sul dato oggettivo, valorizzando la distinzione tra «abbandono» del posto di lavoro - che giustifica il licenziamento del vigilante privato - e il semplice «allontanamento» temporaneo dallo stesso (il quale, al contrario, non legittimerebbe un provvedimento espulsivo), dando parimenti rilievo alle ragioni dell'allontanamento.

La sentenza n. 9121/18 della Corte di cassazione

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©