Contenzioso

Affitto e assorbimento di azienda limitano l’accesso agli sgravi contributivi per incremento occupazionale

di Silvano Imbriaci

La pubblicazione di tre ordinanze della sezione lavoro della Cassazione (numeri 8774, 8775 e 8776) e di una sentenza (numero 8972) in materia di sgravi contributivi, offre lo spunto per ricordare le modalità con cui si applica, in questa materia, il requisito dell'effettivo incremento occupazionale (articolo 31, primo comma, lettera f, del Dlgs 150/2015), collegato con il meccanismo di esclusione degli sgravi in presenza di assunzioni “necessitate”, ossia effettuate in attuazione di un obbligo di legge (articolo 31, primo comma, lettera a del Dlgs 150), o di assetti proprietari sostanzialmente coincidenti (articolo 31, primo comma, lettera d).

Tali principi, che si giustificano con l'esigenza che l'agevolazione non sia utilizzata impropriamente a fronte di fenomeni aziendali semplicemente successori e senza alcun beneficio per l'effettiva occupazione, presente in vario modo nella legislazione di settore, sono stati poi oggetto di regolamentazione specifica fino a confluire nella normativa di riordino del 2015.

Occorre rilevare che la normativa ha via via dettato criteri sempre più specifici per la verifica dell'incremento occupazionale: nei casi in cui le norme incentivanti richiedano un incremento netto della forza lavoro mediamente occupata, il calcolo si effettua mensilmente, confrontando il numero di dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento con quello medio dei dodici mesi precedenti, avuto riguardo alla nozione di impresa unica, di cui all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento Ue 1408/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013 (articolo 31, comma 1, lettera f del Dlgs 150/2015; si veda circolare Inps 32/2016).

I casi che affronta la Cassazione nelle tre ordinanze del 10 aprile riguardano gli sgravi previsti dalla legge 448/1998 per l'assunzione di nuovi dipendenti a incremento delle unità effettivamente occupate, in alcune regioni e zone critiche, con il duplice requisito dell'incremento effettivo dei dipendenti e della novità dell'impresa subentrante, con esclusione delle attività a limite numerico o di superficie.
La Cassazione ribadisce che
a) in presenza di obbligo di assunzione derivante da un contratto di affitto di azienda si esclude che possa ravvisarsi un effettivo incremento occupazionale, in quanto il personale è stato utilizzato nell'ambito del medesimo contesto produttivo, ciò implicando il sospetto di una condotta elusiva posta in essere al fine di usufruire delle agevolazioni (ordinanza 8774);
b) allo stesso modo, in presenza di assorbimento di un ramo di azienda preesistente da parte di una “nuova” società, con utilizzazione delle medesime strutture e impiego dello stesso personale, non vi è diritto al beneficio, anche quando vi sia stata apposita procedura sindacale che abbia garantito il mantenimento dei livelli occupazionali; in tal caso è stata ritenuta irrilevante la sola variazione nella titolarità formale dell'impresa ed è stato rilevato che le attività sottoposte a limite numerico o di superficie (in grado quindi di accedere comunque agli sgravi) sono soltanto quelle che, per particolari connotazioni di rilevanza pubblica, sono sottoposte ad un elevato controllo degli organi amministrativi e procedure amministrative, oppure che abbiano vincoli e limiti di natura urbanistica (ordinanze 8775 e 8776).

La sentenza 8972/2018 riguarda, invece, i benefici contributivi per l'assunzione di personale in mobilità (legge 223/1991), per i quali l'azienda aveva invocato a propria giustificazione (in presenza di una vicenda circolatoria) la regola dettata dall'articolo 47, comma 5, della legge 428/1990, norma che esclude l'applicazione dell'articolo 2112 del codice civile quando il trasferimento riguardi imprese in stato di crisi od oggetto di dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato, amministrazione controllata o liquidazione giudiziale, con continuazione di attività.

Secondo la Cassazione tale disposizione ha per oggetto esclusivamente la disciplina della cessione dei rapporti di lavoro e non si riferisce mai ai rapporti che intercorrono con gli enti previdenziali o alla materia dei benefici contributivi. In ogni caso, secondo la Cassazione, i benefici per l'assunzione di personale dalla mobilità non possono spettare al datore di lavoro tenuto a un obbligo di riassunzione nei confronti dei lavoratori già licenziati che lavoravano presso la stessa azienda: non rileva peraltro che la cessione sia avvenuta nell'ambito di una procedura fallimentare, in quanto il fallimento della società non determina il venir meno del bene giuridico “azienda” (si veda Cassazione 10428/2017).

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