Contenzioso

Irretroattività dell’inquadramento Inail

di Silvano Imbriaci

La Sezione Lavoro della Cassazione, con le ordinanze del 13 aprile, n. 9227 e del 17 aprile 2018, n. 9406, torna sulla questione degli effetti dell'inquadramento aziendale operato dall'Inail quando sia disposto d'ufficio in adeguamento ad un precedente inquadramento operato dall'Inps (art. 49, l. n. 88/1989).

La specifica normativa in tema riguardante l'Inail (Dm 12 febbraio 2000, sulla base della delega contenuta negli articoli 39, 40 e 41 del Dpr n. 1124/1965), secondo la Cassazione, non lascia alcun dubbio. In particolare l'art. 14 del Dm citato, in punto di rettifica d'ufficio dell'inquadramento nelle gestioni tariffarie, al secondo comma afferma esplicitamente che il provvedimento di variazione ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione, a meno che non retroagisca alla data in cui l'inquadramento doveva essere applicato in presenza di erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro o di erroneo inquadramento non addebitabile al datore di lavoro che abbia determinato la corresponsione di un premio maggiore. Nell'ipotesi prevista dal terzo comma dell'art. 14 citato, poi, per i datori di lavoro soggetti alla classificazione aziendale di cui all'articolo 49 della legge n. 88/1988 (Inps ), la rettifica dell'inquadramento è effettuata qualora risulti accertata una diversa classificazione aziendale adottata ai sensi dello stesso articolo 49 e ha effetto dalla data di decorrenza del provvedimento adottato ai sensi delle citate disposizioni.

Secondo l'Inail, in presenza di un provvedimento di rettifica adottato dall'Istituto, tale apparato normativo consentirebbe (applicazione del III comma) la retrodatazione dell'inquadramento alla data del precedente provvedimento adottato dall'Inps ex articolo 49 citato, a cui l'Inail con la sua rettifica si sarebbe semplicemente adeguato, con conseguente legittimità della pretesa al pagamento dei premi ulteriori e di maggior importo dovuti per effetto del nuovo inquadramento. Tuttavia la Cassazione, con le ordinanze nn. 9227 e 9406/2018, segue l'opposta interpretazione.

Da un punto di vista letterale, il provvedimento adottato cui si riferisce il terzo comma cit., in realtà è quello eseguito dall'Inail e non quello dell'Inps , cui l'istituto assicurativo semplicemente si adegua.

Tale interpretazione discende dall'applicazione dei principi generali in materia di inquadramento, che ricostruiscono il meccanismo di variazione in termini di irretroattività (articolo 3, comma 8, legge n. 335/1995: I provvedimenti adottati d'ufficio dall'Inps di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente alla effettiva attività svolta, producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l'inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro. In caso di variazione disposta a seguito di richiesta dell'azienda, gli effetti del provvedimento decorrono dal periodo di paga in corso alla data della richiesta stessa). Dunque, è solo dalla data del provvedimento che concretamente incide sulla classificazione che si possono far decorrere gli effetti di questa, in osservanza del principio di irretroattività che costituisce il normale effetto delle disposizioni normative, in assenza di ipotesi di deroga espressamente previste. I casi in cui la rettifica può retroagire al momento in cui si sono verificate le circostanze legittimanti il nuovo inquadramento sono quelli tipici, dettati dalla normativa specifica (articolo 3 citato e articolo 14 del Dm 12 febbraio 2000), e riguardano l'ipotesi di erronei inquadramenti non addebitabili al datore di lavoro che abbiano comportato il versamento di un premio non minore, ma maggiore di quello effettivamente dovuto, oppure dipendono esclusivamente dalla erronea o incompleta denuncia da parte del datore di lavoro oppure. In quest'ultimo caso, infatti, non vi è un iniziale inquadramento cui segue un successivo inquadramento avente decorrenza ex nunc, ma un unico provvedimento di inquadramento iniziale che però risulta successivamente erroneo, in quanto basato su dichiarazioni inesatte da parte del datore di lavoro (la norma infatti parla di inquadramento iniziale: il problema, semmai, è quello di verificare in che cosa consistano queste inesatte dichiarazioni).

Al di là di queste ipotesi, dunque, il provvedimento di variazione non ha efficacia retroattiva e a nulla rileva il fatto che l'Inail si sia adeguato spontaneamente ad un inquadramento già disposto dall'Inps in precedenza, sia pure nei limiti della prescrizione quinquennale e senza il pagamento di alcuna sanzione civile rispetto al mancato pagamento dei premi derivante da un errore non dipeso dal datore di lavoro.

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