Contenzioso

La sanzione della sospensione di sei mesi non incide sulla pensione

di Matteo Prioschi

Una sospensione disciplinare dall'esercizio della professione della durata di sei mesi non fa venir meno il requisito della continuità dell'esercizio dell'attività e quindi, ai fini del trattamento pensionistico, Inarcassa deve considerare anche il periodo di inattività dell'iscritto. Così ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 10281/2018.

A un architetto è stata comminata una sospensione di sei mesi a cavallo del 2010 e 2011, anni in cui comunque ha versato i contributi previdenziali relativi ai compensi incassati nel periodo di attività. Secondo la Cassa di previdenza, ciò ha fatto venir meno il requisito della continuità dell'esercizio della professione, che è uno di quelli richiesti per l'iscrizione a Inarcassa, anche perché, secondo quest'ultima, i contributi versati non riguardano il periodo di sospensione.

In base allo statuto di Inarcassa «il requisito dell'esercizio professionale con carattere di continuità ricorre nei confronti degli ingegneri e degli architetti che siano ad un tempo:

a) iscritti all'Albo ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di ordinamento professionale;

b) non iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque altra attività esercitata;

c) in possesso di partita Iva».

Tuttavia, rilevano i giudici di Cassazione, la Corte d'appello, nell'accogliere la tesi del professionista, ha correttamente attribuito valore strumentale ai tre indici elencati nello statuto e ha considerato anche altri elementi, quali la breve durata della sospensione e il fatto che per la maggior parte del 2010 e del 2011 il professionista ha svolto attività. Al contrario, non è emerso che Inarcassa abbia provato la discontinuità dell'esercizio della libera professione.

Secondo la Suprema corte, «il fatto che per alcuni mesi sia vietato lo svolgimento delle attività tipiche…non costituisce elemento atto, di per sé, a incidere sulla caratteristica della continuità della professione, sì da rendere l'esercizio della stessa solo occasionale o saltuario». Il periodo di sei mesi va invece considerato alla stregua di un intervallo, come quello che potrebbe essere causato da una malattia o conseguenza di una astensione volontaria dall'attività.

Questo anche alla luce del fatto che, secondo i giudici, l'ordinamento professionale e quello previdenziale sono autonomi (sezioni unite 2612 e 2613 del 2017) e quindi una sanzione disciplinare non impatta direttamente e automaticamente sull'ambito previdenziale. A questo proposito ricordano come «né lo statuto Inarcassa e neanche il Regio decreto 2537 del 1925 collegano alla sanzione disciplinare della sospensione…per la durata massima di sei mesi l'effetto di far venire meno la continuità, quale requisito sostanziale necessario ai fini dell'iscrizione alla Cassa, oppure uno degli indici sintomatici della stessa».
Se fosse corretta la tesi della Cassa di previdenza, prosegue la Cassazione, dal punto di vista delle conseguenze, sospensione e cancellazione temporanea dall'Albo verrebbero equiparate.

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