Contenzioso

La recidiva non basta per il recesso

di Massimiliano Biolchini e Lorenzo Zanotti

Chiamata a pronunciarsi su un licenziamento disciplinare con preavviso, la Cassazione, con ordinanza 12095/2018, ha fornito importanti spunti interpretativi sia sulla giustificazione delle assenze dal lavoro per brevi permessi, sia sulla rilevanza della recidiva ai fini del licenziamento disciplinare, anche in base alla disciplina del Ccnl metalmeccanici.

La corte ha chiarito che i permessi brevi si differenziano dalle ordinarie assenze del lavoratore, in quanto queste ultime vanno giustificate dal dipendente a posteriori, e «al più tardi il giorno successivo a quello dell’inizio dell’assenza, salvo il caso di impedimento giustificato» (articolo 13, Sezione Quarta, Titolo VI). Al contrario, nel caso delle assenze per brevi permessi, la verifica datoriale sulla ricorrenza di «giustificati motivi» e della compatibilità del permesso con le «esigenze del servizio» viene effettuata in via preventiva, ovvero al momento in cui il lavoratore formula la richiesta di permesso. Quest’ultimo, pertanto, una volta autorizzato ad assentarsi per un permesso di breve durata, non è tenuto a fornire alcuna giustificazione successiva.

Alla luce di quanto precede, la Cassazione ha ritenuto che correttamente la Corte d’appello avesse escluso la sussistenza dell’addebito disciplinare contestato al dipendente, ovvero l’omessa giustificazione di un’assenza per godere di un permesso, ordinandone la reintegrazione nel posto di lavoro.

D’altro canto, il provvedimento dell’azienda si fondava sulla pluralità delle assenze ingiustificate del lavoratore, il quale era già incorso, per tali infrazioni, in due provvedimenti di sospensione nel biennio precedente. A tal riguardo, la Corte ha tuttavia chiarito che la sola recidiva non potesse essere considerata una valida e autonoma causa di recesso con preavviso.

Invero, pur prevedendo il Ccnl dei metalmeccanici che il lavoratore possa incorrere nel licenziamento con preavviso in caso, tra gli altri, di recidiva in qualunque delle mancanze contemplate nell’articolo 9, quando siano stati comminati due provvedimenti di sospensione, è pur sempre necessario che il fatto da ultimo contestato risulti sussistente e dotato di rilevanza disciplinare.

Anche a fronte di una simile previsione della contrattazione collettiva, infatti, deve escludersi che la recidiva possa configurare un’autonoma ragione di licenziamento. Essa presuppone, per sua stessa natura, non solo che un fatto illecito sia posto in essere una seconda volta - circostanza che, nel caso di specie, doveva ritenersi esclusa -, ma anche che tale fatto si sia verificato dopo che la precedente infrazione sia stata (quanto meno) contestata formalmente al medesimo lavoratore. Ciò addirittura a pena di nullità del licenziamento, qualora anche la recidiva (o comunque i precedenti disciplinari che la integrano) rappresenti elemento costitutivo della mancanza addebitata.

D’altro canto, a differenza della mera reiterazione di un comportamento, che può al più rilevare sotto il profilo della gravità della condotta, la recidiva presuppone che il lavoratore abbia tenuto un certo comportamento ancora una volta dopo che lo stesso era già stato contestato come non lecito. Corollario di quanto precede è che la preventiva contestazione specifica dell’addebito debba riguardare anche la recidiva, ove questa rappresenti elemento costitutivo della mancanza addebitata e non già mero criterio di determinazione della sanzione ad essa proporzionata.

L'Ordinanza n. 12095/18 della Corte di cassazione

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