Contenzioso

Trasferimento di ramo d’azienda illegittimo, i lavoratori pagati dal cessionario hanno diritto solo alle differenze retributive

di Giuseppe Bulgarini d'Elci

Nel caso in cui il datore di lavoro, in seguito ad un trasferimento di ramo d'azienda ritenuto illegittimo, non ottemperi all'ordine del giudice di ripristinare il rapporto di lavoro con i dipendenti coinvolti nella cessione e questi ultimi abbiano, nel frattempo, continuato ad essere retribuiti dal cessionario senza che il rapporto sia stato ricostituito con il soggetto cedente, non scatta il diritto a pretendere anche da quest'ultimo il versamento delle medesime retribuzioni mensili.

La Cassazione esprime questo principio con sentenza 14136 del 1° giugno 2018, osservando che, in linea generale, la mancata costituzione del rapporto di lavoro senza giustificato motivo da parte dell'impresa cedente comporta a suo carico l'onere di sopportare il peso economico delle retribuzioni anche se il lavoratore, per effetto dell'inadempimento datoriale all'ordine del giudice, non ha potuto riprendere la prestazione lavorativa. Laddove, tuttavia, il lavoratore abbia continuato a percepire la retribuzione dall'impresa cessionaria, prosegue la Cassazione, potrà essere richiesto solo il versamento delle differenze retributive tra le minori somme erogate dal cessionario e i maggiori importi che il lavoratore avrebbe ricevuto in caso di ripristino del rapporto alle dipendenze del cedente.

La Corte di legittimità precisa, in questo senso, che il diritto alle retribuzioni per il periodo successivo all'accertamento della illegittima cessione del ramo d'azienda non può comportare la possibilità di cumulare due retribuzioni, quella dovuta dall'impresa cedente rimasta inottemperante all'ordine giudiziale e quella percepita dall'impresa cessionaria per il lavoro svolto.

Il caso sottoposto alla Cassazione era relativo all'opposizione ad un decreto ingiuntivo che una nota società di telefonia aveva presentato nei confronti di un lavoratore il quale, in conseguenza dell'ordine giudiziale rimasto inadempiuto di ricostituire il rapporto di lavoro a seguito di illegittima cessione di ramo d'azienda, rivendicava le retribuzioni maturate nei confronti del datore di lavoro cedente.

Sia il Tribunale che la Corte d'appello di Napoli avevano respinto l'opposizione della società, osservando che le retribuzioni mensili pagate dalla cessionaria non potevano essere portate in compensazione dalla cedente invocando il principio dell'aliunde perceptum, in quanto il lavoratore era titolare di un autonomo diritto al risarcimento del danno per inottemperanza all'ordine giudiziale.

La Cassazione rigetta questa lettura e osserva che le spettanze retributive dovute dal datore di lavoro cedente non hanno natura risarcitoria, bensì retributiva, con la conseguenza che il pagamento della retribuzione da parte del soggetto cessionario ha efficacia satisfattiva e liberatoria nei confronti del cedente. L'obbligazione retributiva rimane unica e non può essere replicata una seconda volta, quand'anche l'adempimento sia effettuato da un soggetto diverso dal vero debitore.

Sulla scorta di questi principi, la Cassazione conclude che il lavoratore non ha diritto ad ottenere due volte il pagamento della retribuzione già versata dall'impresa cessionaria, ma unicamente le differenze retributive rispetto alle maggiori somme che avrebbe percepito se il cedente avesse ottemperato all'ordine di ricostituzione del rapporto di lavoro.

La sentenza n. 14136/18 della Corte di cassazione

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