Contenzioso

Sanzioni civili e pignoramento della pensione

di Silvano Imbriaci

Legittimamente l'Inps può operare trattenute dirette di legge, per il recupero delle somme dovute a titolo di sanzioni, sul trattamento pensionistico di cui è titolare il debitore per contributi e sanzioni.
È questo il principio enunciato dalla Sezione Lavoro della Cassazione con la sentenza n. 16262 del 20 giugno 2018 (non constano precedenti specifici) in materia di applicazione dell'articolo 69 della legge n. 153/1969.
Secondo quanto disposto da questa norma, «Le pensioni, gli assegni e le indennità spettanti in forza del R.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827…nonché gli assegni di cui all'art. 11 della legge 5 novembre 1968, n. 1115, possono essere ceduti, sequestrati e pignorati nei limiti di un quinto del loro ammontare, per debiti verso l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall'istituto stesso, ovvero da omissioni contributive, escluse, in questo caso, le somme dovute per interessi e sanzioni amministrative».
La disciplina dunque, con specifico riferimento ai debiti contributivi, fa espressa menzione solo delle sanzioni amministrative e degli interessi; e questo pone legittimamente il dubbio circa la sorte delle sanzioni civili, se cioè queste possano essere ricomprese nelle ipotesi escluse dalla norma. Il dubbio è risolto da questa sentenza della Cassazione (per la quale non constano precedenti specifici), sulla base di alcune significative osservazioni sulla natura di queste somme. L'obbligazione relativa alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di inadempimento contributivo ha natura di sanzione civile e non amministrativa, in quanto non segue alla commissione di un illecito ma costituisce una conseguenza automatica del mancato pagamento o del pagamento in ritardo.
Non si tratta, infatti, di somme il cui obbligo di pagamento è legato a stati soggettivi, ma di obbligazioni che sorgono automaticamente in conseguenza dell'inadempimento, in funzione di rafforzamento dell'obbligazione contributiva e di predeterminazione del danno (oggettivo) scaturito dal mancato rispetto del termine di legge per il pagamento dei contributi. Si prescinde quindi da qualsiasi indagine sullo stato soggettivo dell'autore dell'inadempimento (elemento che vale, semmai, al fine di stabilire in che misura possa parlarsi di evasione anziché di omissione contributiva), tanto è vero che si esclude che la mancata cooperazione del creditore Inps nell'agevolazione del pagamento possa escludere la ricorrenza dell'obbligo.
Decisivo è il fatto che sanzioni civili e contributi abbiano quindi la stessa natura, con varie implicazioni che riguardano ad esempio il regime prescrizionale applicabile (identico: cfr. Cass. n. 4050/2014); per questo, gli atti interruttivi relativi al credito contributivo comprendono ex lege anche l'obbligo relativo alle sanzioni, che sorgono alla scadenza del termine legale fissato per l'adempimento contributivo. Nonostante la loro natura prettamente accessoria, desumibile anche dal fatto che il contribuente inadempiente è tenuto al pagamento delle somme aggiuntive a titolo di sanzione civile in ragione di anno, le sanzioni civili si distinguono comunque dagli interessi, caratterizzati dalla natura periodica che invece sfugge alla disciplina delle sanzioni.
Con formula felice, dunque, la Cassazione ricostruisce il rapporto tra contributi e sanzioni nei termini di una dipendenza funzionale, che incide non solo sulla fase genetica del rapporto, ma anche sulle vicende successive, dopo che la sanzione è stata applicata. Per questo il debito contributivo non può dirsi soddisfatto fino a che non sono corrisposte le sanzioni civili, allo stesso modo in cui il calcolo delle sanzioni si blocca solo nel momento in cui è adempiuta per intero l'obbligazione relativa ai contributi.

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