Contenzioso

Solidarietà contributiva negli appalti e sanzioni civili

di Silvano Imbriaci

Le occasioni in cui la sezione Lavoro della Corte di cassazione si occupa delle questioni legate alla solidarietà contributiva negli appalti meritano particolare attenzione, in quanto contribuiscono alla costruzione di un quadro interpretativo stabile su una materia che da qualche tempo sta chiedendo sempre più alla giurisprudenza di fornire risposte su temi complessi e controversi.

La sentenza 11 luglio 2018, numero 18259, si è focalizzata sul regime sanzionatorio, nella risposta a un duplice quesito: l'applicabilità al regime della solidarietà contributiva anche dell'obbligazione relativa alle sanzioni civili e, conseguentemente, la natura interpretativa o innovativa della disposizione (articolo 21, comma 1, del Dl 5/2012) che ha sanzionato, in regime di solidarietà per l'omissione contributiva negli appalti, solo il responsabile dell'inadempimento, escludendo le sanzioni dal vincolo solidale.

La risposta al primo quesito deriva direttamente dalla verifica della natura dell'obbligazione sanzionatoria. Le sanzioni civili (terminologia utilizzata per distinguerle chiaramente dalle sanzioni amministrative) derivanti da inadempimento contributivo costituiscono, secondo l'interpretazione ormai consolidata della giurisprudenza, un effetto automatico dell'omissione (inadempimento o semplice ritardo), tanto da essere predeterminate nel loro importo da rigorosi criteri normativi (articolo 116, della legge 388/2000), che ne disciplinano la modulazione, a seconda della gravità del comportamento del soggetto obbligato, e le ipotesi di riduzione, di stretta interpretazione. La funzione delle sanzioni civili è quella di rafforzare l'obbligazione contributiva, mediante l'introduzione di un risarcimento automatico del danno che deriva dal mancato afflusso delle risorse necessarie per garantire la funzione sociale dell'Istituto (e il pagamento delle prestazioni in genere).

Ecco perché, attesa la sostanziale identità tra sanzioni e contributi, il regime dell'obbligazione sanzionatoria è inderogabile (salvo espressa indicazione di legge), non essendo tali somme suscettibili di alcuna transazione o pagamento a stralcio (attività che invece più volte nella prassi viene invocata). E per questo stesso motivo anche il regime della prescrizione di queste somme segue quello della contribuzione (Cassazione 4050/2014), così come la richiesta di pagamento di contributi non versati implica automaticamente anche la richiesta di pagamento delle sanzioni civili il cui importo è calcolabile con i criteri normativi cui sopra si è accennato. L'automaticità funzionale tra contribuzione e sanzioni civili (dette anche somme aggiuntive), come descritta e sancita definitivamente anche dalle sezioni unite (5075/2015), fa sì che nella responsabilità solidale in materia di appalti debbano essere sicuramente incluse anche le obbligazioni a titolo di sanzioni.

Quanto invece alla seconda questione, relativa all'applicabilità del nuovo regime sanzionatorio di cui all'articolo 21 del Dl 5/2012 anche alle fattispecie precedenti alla data della sua entrata in vigore (10 febbraio 2012), la Cassazione valuta la norma non come interpretativa ma come innovativa. Secondo il testo dell'articolo 29 del Dlgs 276/2003 a seguito delle modifiche riportate dall'articolo 21, «in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento».

La sezione lavoro afferma che tale disposizione non contiene alcun elemento per indurre l'interprete a una valutazione circa la sua natura di norma di interpretazione autentica, con carattere e applicazione naturalmente retroattive. In altre parole, oltre a mancare l'indicazione espressa della natura interpretativa, tale caratteristica non è neanche desumibile dal contesto normativo in cui la norma sorge e si inserisce. Da un punto di vista interpretativo l'unica strada potrebbe essere quella di indagare sulla volontà del legislatore, nel senso della consacrazione nel nuovo testo dell'articolo 29 di una regola già ricavabile, in via interpretativa appunto, dalla vecchia disciplina. Peraltro, anche a tacere dall'applicazione di stile della regola interpretativa dell'ubi lex voluit dixit, rientra comunque nella discrezionalità del legislatore la modulazione diversificata del trattamento sanzionatorio a seconda della collocazione temporale della fattispecie (nel caso concreto: il contratto di appalto da cui sono scaturiti gli obblighi contributivi), in quanto il fluire del tempo può costituire un valido criterio per diversificare le fattispecie (Corte costituzionale 254/2014).

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