Contenzioso

Chi ha l’incarico risponde dell’errore

di Antonello Orlando

Il professionista che ha stipulato un contratto di consulenza con un’azienda risponde degli errori commessi da un collaboratore interno allo studio anche se a quest’ultimo sono state demandate attività specifiche.

La sentenza della Corte di cassazione 19148/2018 depositata ieri ha affrontato il tema della responsabilità professionale, focalizzandosi sul delicato tema dell’organizzazione interna di uno studio di professionisti.

Il caso deciso dalla Suprema corte ruota attorno a quanto accaduto a un imprenditore siciliano che ha stipulato un contratto di lavoro autonomo con un professionista riguardante sia la consulenza fiscale sia quella del lavoro per l’azienda. Dietro l’assistenza del consulente, l’imprenditore ha assunto un apprendista, anche con la prospettiva di beneficiare di alcuni contributi previsti da una normativa locale (legge Regione Sicilia 27/1994) la quale comportava l’erogazione di un bonus pari a circa 19.500 euro.

Successivamente l’impresa si è vista recapitare una sanzione connessa alla mancata effettuazione della comunicazione obbligatoria dell’assunzione dell’apprendista al centro per l’impiego, adempimento affidato alla cura del professionista. In seguito a una verifica dell’Ispettorato del lavoro, il consulente ha dichiarato inoltre di essere impossibilitato a presentare i libri paga e il libro matricola a testimonianza della regolarità della situazione lavorativa dell’apprendista dal momento che gli stessi erano stati smarriti dalla collaboratrice del proprio studio professionale che curava la consulenza del lavoro a favore delle aziende clienti.

Le conseguenze di tali comportamenti, oltre alla sanzione di poco più di 560 euro connessa alla mancata comunicazione obbligatoria, si sono rivelate ben più dannose per l’azienda: infatti l’imprenditore ha definitivamente perso il diritto a fruire dell’agevolazione prevista dalla legge regionale.

Dopo che la Corte territoriale ha rigettato il ricorso relativo al risarcimento del danno, l’imprenditore è ricorso al secondo grado con la costituzione di un giudizio tecnico che ha effettivamente riscontrato come l’azienda sarebbe stata in astratto in possesso di tutti i requisiti previsti dalla norma regionale e che, in assenza del comportamento poi sanzionato del professionista, avrebbe fruito dell’agevolazione.

La linea difensiva del professionista siciliano è stata definitivamente respinta dalla Suprema corte. Questi ha sostenuto la sua estraneità ai fatti che hanno determinato il danno in quanto la gestione degli adempimenti lavoristici dell’azienda cliente era stata demandata, per via di un accordo interno, alla consulente che aveva materialmente omesso la comunicazione e smarrito i documenti dell’apprendista.

La Corte ha sottolineato che l’unico professionista designato dal committente nel contratto d’opera è il solo ragioniere, derivando così da quest’unico mandato la sua piena responsabilità (secondo la diligenza prevista dall’articolo 1176 del codice civile), anche per la parte di adempimenti arbitrariamente affidati a una terza figura estranea al contratto di lavoro autonomo.

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