Contenzioso

Il vigile troppo presente sui social network non va demansionato

di Marisa Marraffino

L'eccesso di zelo del vigile urbano non può essere punito col suo demansionamento.
Lo ha stabilito la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con la sentenza n. 30 del 14 luglio.
All’origine della controversia, le continue interviste rilasciate dal dipendente di un piccolo Comune del Sud Tirolo, che aveva aperto di propria iniziativa anche una profilo facebook in cui informava costantemente i cittadini sull'attività svolta. Secondo il Comune, l’eccessiva visibilità sui social network del vigile omnipresente rappresentava una sorta di crociata personale al solo fine di ottenere attenzione. Ma il dipendente non ci sta e replica ai propri superiori che i social network venivano utilizzati con esclusiva finalità informativa e che nella pagina da lui gestita non circolava alcuna offesa rivolta al Comune né ai suoi cittadini. Anziché di eccesso di zelo si sarebbe dovuto parlare di senso dell'ordine nell'interesse degli utenti delle strade, al quale il vigile offriva spunti e considerazioni personali.
Eppure il dipendente, fino a quel momento addetto ai servizi di pattuglia, viene adibito a mansioni interne e alla vigilanza di un parcheggio a pagamento. I nuovi compiti prevedono anche il controllo delle siepi e delle deiezioni canine. Seguono vari procedimenti disciplinari e continui richiami alla sobrietà nell'esposizione dei fatti. Per il dipendente si tratta di una grave lesione della professionalità e soprattutto della propria immagine.

La vicenda approda allora in tribunale dove il Comune viene chiamato a rispondere dell'eventuale demansionamento del dipendente e del relativo risarcimento del danno. Per il convenuto, il modo di agire del pubblico ufficiale e la sua continua ricerca di visibilità avrebbero influenzato negativamente l'ordinato e proficuo svolgimento del servizio e causato continue lamentele da parte di colleghi e cittadini. Ciò avrebbe giustificato i «comportamenti non del tutto sereni dei superiori», accusati dal vigile di continui rimproveri e urla nei suoi confronti. Il Tribunale di Bolzano accoglie in parte le richieste del pubblico ufficiale, ritenendo dequalificante averlo adibito al servizio di vigilanza del parcheggio, mentre conclude per la legittimità della sua assegnazione al servizio interno, ritenendolo non lesivo della sua professionalità. Non c'è dubbio, infatti - si legge nella sentenza- “che l'avere affidato al proprio vigile urbano il solo e limitatissimo compito di restare per tutto l'orario lavorativo nel parcheggio con il banale e per certi versi mortificante unico compito di controllare il pagamento dei ticket, la pulizia dell'area ed il conteggio delle monetine inserite nel parchimetro, abbia comportato un pressoché totale svuotamento delle funzioni del pubblico ufficiale”. Come conseguenza ordina la riassegnazione delle mansioni originarie e condanna il Comune al risarcimento dei danno alla professionalità da demansionamento e a 5mila euro di danni all'immagine.

Il Comune impugna la sentenza e la vicenda finisce davanti alla Corte di Appello di Bolzano che annulla i risarcimenti del danno per mancanza di prova, ma ritiene che adibire il vigile urbano alla vigilanza del parcheggio costituisca un effettivo demansionamento. I giudici assolvono, poi, la condotta social del vigile in quanto non sarebbe provato che la visibilità del dipendente abbia “ingenerato un diffuso e persistente senso di sfiducia della collettività nell'Amministrazione comunale”. Semmai, se la condotta ha gettato discredito su qualcuno, lo ha fatto nei confronti del vigile stesso, ma non dell'intera amministrazione comunale. Al vigile devono quindi essere garantite le mansioni originarie e la Corte di appello inibisce espressamente al Comune di porre in essere in futuro comportamenti analoghi.

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