Contenzioso

Comportamenti extra-lavorativi, recesso immediato se si lede la fiducia

di Mauro Pizzin

La condotta di indubbia gravità tenuta dal dipendente al di fuori del luogo di lavoro giustifica il suo licenziamento senza preavviso, in quanto idonea a compromettere irrimediabilmente il vincolo fiduciario. In questo contesto, comportamenti illeciti del lavoratore che possono essere considerati non di gravità tale da giustificare l’espulsione da un’azienda privata, possono al contrario rompere il legame fiduciario e il requisito connesso di affidabilità che sta alla base di un rapporto di lavoro se esso è costituito per l’espletamento di un servizio pubblico.

È (anche) sulla base di questi principi che la Cassazione, con la sentenza n. 20562/18, depositata ieri, ha confermato il licenziamento di un dipendente della agenzia delle Entrate - confermato in primo e secondo grado - il quale aveva patteggiato la pena di due anni di reclusione per il reato di violenza sessuale (articolo 609 bis del Codice penale) commesso a danno di una quindicenne.

Tra le otto motivazioni contenute nel ricorso ai giudici di legittimità (fra cui la tardiva contestazione dell’Agenzia e la mancanza di un autonomo accertamento dei fatti in presenza di una sentenza di patteggiamento) tre investivano, infatti, il capo della sentenza relativo alla ritenuta sussistenza della giusta causa e della necessaria proporzionalità tra l’addebito contestato e la sanzione inflitta.

Nel respingerle, la Cassazione ha sottolineato che nei confronti del dipendente le Entrate hanno denunciato la violazione dell’articolo 67, lettera d) del Ccnl 28 maggio 2004, disposizione che ricalca sostanzialmente la nozione di giusta causa di cui all’articolo 2119 del Codice civile, la quale ricomprende, come detto, anche le condotte extralavorative che seppure tenute fuori dall’azienda, dell’orario di lavoro e non direttamente riguardanti l’esecuzione della prestazione, nondimeno possono essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti, compromettendo le aspettative di un futuro adempimento dell’obbligazione lavorativa. Condotte e comportamenti che vengono valutati in maniera ancora più severa quando il dipendente svolge un servizio pubblico (sul punto, si veda la Cassazione n. 776/2015): in tale caso - sottolineano i giudici di legittimità richiamando anche la sentenza della Cassazione n. 3622/2018) - vengono in rilievo «principi generali di rango costituzionale quali l’imparzialità e il buon affidamento della Pa (articolo 97 della Costituzione), nonchè il principio secondo cui i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore (articolo 54, secondo comma della Costituzione), la cui applicazione nei confronti dei dipendenti delle Agenzie fiscali è particolarmente severa in quanto dette Agenzie rappresentano lo Stato nell’esercizio di una delle sue funzioni più autoritative - il prelievo fiscale - e i loro dipendenti devono operare in modo da guadagnare sempre più, nell’esercizio di quella funzione, il rispetto e la fiducia che i cittadini devono alle istituzioni»

La sentenza n. 20562/18 della Corte di cassazione

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