Contenzioso

Illecita la scissione per evitare le norme sui licenziamenti collettivi

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

La scissione parziale realizzata da una società attraverso l’assegnazione a due società di nuova costituzione di altrettanti rami d’azienda, con redistribuzione della complessiva forza lavoro fra i tre soggetti giuridici, costituisce negozio in frode alla legge se, nell’arco di successivi 120 giorni, vengono realizzati plurimi licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nei confronti di una moltitudine di dipendenti.

La Cassazione osserva con due sentenze gemelle (numeri 19863 e 20620, quest’ultima depositata ieri) che, attraverso tale operazione, risulta elusa l’applicazione della disciplina sui licenziamenti collettivi, la quale prevede l’attivazione in base agli articolo 4 e 24 della legge n. 223/1991 di una procedura di informazione e consultazione sindacale a salvaguardia e garanzia, tra l’altro, della scelta dei lavoratori in esubero addetti a mansioni fungibili mediante applicazione dei criteri di legge.

Nel caso di specie, il frazionamento societario aveva consentito di attivare licenziamenti individuali nei confronti dei dipendenti suddivisi fra le tre società, i cui più ridotti requisiti dimensionali non richiedevano di dare impulso alla procedura collettiva di riduzione del personale. In primo e secondo grado la tesi dei lavoratori, che avevano sostenuto che l’operazione societaria celasse un intento elusivo, perché consentiva di adottare licenziamenti individuali in luogo della procedura di consultazione sindacale, era stata accolta.

La Cassazione ne condivide l’impostazione e osserva che tratto qualificante del negozio in frode alla legge risiede nella realizzazione, sia pur attraverso atti singolarmente leciti, del medesimo risultato vietato dalla legge (nel nostro caso: la disciplina sui licenziamenti collettivi). Ciò attraverso un assetto societario che, per effetto della scissione parziale dalla preesistente società verso due nuove entità, consentiva di licenziare in forma individuale i lavoratori eccedentari senza le garanzie previste dalla legge n. 223/1991.

Aggiunge la Corte di legittimità che, quantunque il mezzo utilizzato sia in sé lecito, non essendo contestabile il diritto dell’imprenditore di realizzare una operazione di scissione parziale della propria struttura societaria, è illecito il risultato perseguito.

Assume valore dirimente, ad avviso della Cassazione, il fatto che, a fronte di una organizzazione del lavoro sostanzialmente immutata, tale per cui i dipendenti hanno continuato a svolgere negli stessi spazi aziendali le mansioni precedentemente esercitate, il nuovo assetto ha valore prettamente formale e si risolve in una mera frammentazione della forza lavoro.

Laddove, dunque, il frazionamento societario comporti la separazione dei lavoratori prima riconducibili ad un unico datore di lavoro, senza che a ciò corrisponda un effettivo cambiamento rispetto alla precedente organizzazione aziendale, i licenziamenti plurimi adottati nello stesso arco temporale nei confronti di una pluralità di dipendenti costituisce una operazione diretta ad aggirare i limiti e le tutele fornite dalla legge n. 223/1991 nei processi di riduzione collettiva del personale e, come tale, risulta in frode alla legge.

La sentenza n. 20620/18 della Corte di cassazione

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